Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
L'ordinarietà non offusca la poesia, bensì la filtra, soffondendola, attraverso la carta velina del pudore e dell'imperfezione. Quest'opera di Marco Bellocchio è il sensibile tratteggio, in punta di penna, dello schivo lirismo della provincia italiana. Il paese d'origine è una sorta di retroterra personale, fatto di certezze che la distanza attenua e quasi eclissa, ma che ogni ritorno rende nuovamente forti e ben presenti, e dunque difficili da mettere in discussione. Il distacco dalle origini è quindi sempre un deciso atto di volontà, ispirato da un potente desiderio di ribellione (come per Sara), o dalla impellente necessità di ripensare se stessi dal principio (come per Pier Giorgio). Per contro, restare saldamente ancorati alle radici, piantate nel giardino della propria infanzia (come le due sorelle ormai anziane), significa sottrarsi al turbine della socialità e alla sfida in mare aperto con la vita. Ciò, alla lunga, riduce l'anima ad un lumicino, che sa dare un po' di luce e di calore, però solo nelle immediate vicinanze, e solo quando tutto intorno è notte. Tenue e tenera è la voce dell'amore in questo film, che è come un sussurro di ancestrali verità dimenticate; la famiglia è un nido ovattato di antico valore, in grado di offrire aiuto e consolazione, però, in fondo, incapace di infondere coraggio.
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