Regia di Philippe Lioret vedi scheda film
Di ritorno dalle vacanze, la giovane Lili apprende dai genitori che Loic, suo fratello gemello, è scappato di casa in seguito ad una lite con il padre. La ragazza sprofonda in una grave crisi depressiva, che la porta fino al ricovero per anoressia. Grazie all’arrivo di una serie di lettere e cartoline di Loic, al comportamento sommesso e comprensivo dei genitori, all’amicizia di una ragazza di colore e del suo ragazzo, Lili comincia lentamente a riprendersi e si mette caparbiamente alla ricerca del fratello. Scoprirà cose che sarebbe ingiusto anticipare per chi volesse vedere questo non facile film. Ci si spinge infatti oltre il classico melodramma familiare, per affrontare l’intima sofferenza dei singoli personaggi, indipendentemente dai legami che li uniscono e al tempo stesso li separano. Ci si aggira in una Parigi non ricca, non lussuosa, più umana del solito. L’eccessiva casualità dello scioglimento dell’intreccio penalizza forse il finale, ma lo si perdona facilmente ad un film intenso e capace di non cadere nella melensaggine, a dispetto dei temi affrontati. Il merito va in gran parte alla sobrietà e serietà degli attori, Mélanie Laurent (Lili) e Kad Merad (il padre) su tutti. La prima, già ammirata in più di una occasione (come non ricordare la Shosanna Dreyfus di “Bastardi senza gloria”?), fa venire i brividi per la sua capacità di trasmettere emozioni durissime ma non palesi, per il suo giovanissimo sorriso che, da un secondo all’altro, può trasformarsi in pianto silenzioso e straziante. Kad Merad, dal canto suo, dopo tanti successi in ruoli brillanti o addirittura comici, si rivela attore drammatico di alto livello e questo amplia ulteriormente l’orizzonte della sua carriera. Visione del film sconsigliata a chi considera (legittimamente, ma non è il mio caso) il cinema d’Oltralpe troppo lento e troppo parlato.
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