Regia di Sofia Coppola vedi scheda film
Johnny Marco è un attore di Hollywood che apparentemente ha tutto (donne, fama, auto, soldi), ma è annoiato. Non trova più stimoli in nessun bene materiale; l’arrivo della figlia Cleo, che dolcemente gli cambia ritmi e priorità, scalfisce qualcosa nella sua inutile esistenza. Di film con questa trama la storia del cinema è zeppa. La Coppola dunque necessita di un quid speciale per andare oltre la banalità. Peccato non lo trovi, confezionando un film che pare una eterna premessa che non sfocia mai in qualcosa di concretamente interessante. Sofia Coppola ha il difetto di tirare per le lunghe ogni scena che ritiene importante. Il problema è che per la regista sembrano davvero troppe le scene fondamentali per l’economia del film: il risultato è che lo spettatore spesso si ritrova inerme ad attendere che queste presunte scene-madri finiscano, dato che la regista indugia oltremodo su di esse, convinta che per capirle occorra molto più tempo di quanto in realtà ce ne voglia. Vogliamo chiamarla “sottovalutazione dello spettatore” o “sindrome da film orientale”, rimane il fatto che “Somewhere” è un film che, per vivacità dei dialoghi, non supera un film coreano ed ha i tempi dilatatissimi di un film d’autore cinese. Dopo questa uscita a vuoto, la figlia di Francis Ford crediamo abbia esaurito il credito che deriva da cotanto cognome. Ma finché a Venezia continuano a premiare col primo premio boiate simili, è chiaro che la figlia di Francis Ford possa continuare a turlupinare impunemente i seguaci della settima arte. Nel film, girato per una parte in un presunto albergo milanese, compaiono anche Laura Chiatti (che interpreta un’attrice lobotomizzata che fa domande esistenziali del tipo “Ti piace andare in motorino?” o ancora “Ti piace il caffè?”) e, in piccoli cameo, Giorgia Surina, Maurizio Nichetti, Simona Ventura, Valeria Marini, Nino Frassica (tutti nei loro ruoli reali, anche se con dimensioni non sempre realistiche – Nichetti per esempio è regista dell’anno! – con uno sguardo sull’Italia banale e ). Anonimi, per essere buoni, i protagonisti Stephen Dorff e Elle Fanning; così come anonima ed irritante è tutta l’operazione; d’autore invece lo stile della Coppola. Peccato sia di uno stile autoriale indigesto ed anacronistico.
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