Regia di Sofia Coppola vedi scheda film
Mettiamo che un giorno decida di girare un film, che abbia scritto una sceneggiatura, che possegga talento nell'inquadrare paesaggi e persone, che sappia fare un casting, che abbia indiviaduato nel direttore della fotografia e nel musicista due colonne portanti di questa operazione. A questo punto, non resta che cercare un produttore. Gli propongo la trama: un attore un pò scemo, sfasato, perennemente in bilico tra la parte di una star e quella (demotivata) di un caratterista fuori luogo, si vede recapitare (ma sì, come un pacco postale) la figlia con la quale non ha rapporto, con cui nel corso del film si confronterà, magari senza maturare, e, in un finale zen, anzi, in un non-finale, magari si saranno pure ritrovati. A questo punto, il produttore mi guarderà appena un pò, poi mi indicherà la porta. Il primo, ilo secondo, il terzo, e così via. Ma all'ultimo, mi ricordo che il mio cognome è Coppola! E così, ecco il film: un incontro cerebrale di due solitudini. E cosa può succedere? Vediamo: l'attore viene invitato a ritirare un premio in Italia. Ma dai, Sofia: che importa agli americani ? E bè, devo riempire la trama. Poi, gli facciamo rompere un braccio. E perchè? E' fondamentale. (altrimenti, non sucede niente). E poi? Lui invita due ballerine di lap dance, compra alla figlia un'intera gelateria, fa un pò il bambino. Perchè la mamma ha molto da fare (???), no, ha la depressione. Anzi, ce l'ha pure lui. Che pastrocchio. Ma, superato il qualunquismo (la scena già citata dei Telegatti), la facile ironia (lap dance), la scena fatata (la gelateria), quale significato dare ai gesti lenti, alle frasi non dette, al carco interpretativo misuratissimo con cui Stephen Dorff ed Elle Fanning (Ma non era Dakota? No? Un altro cognome noto? ma dai, siamo negli States. Ah, dimenticavo: Sofia gira con gli amici...) si confrontano ? E' innegabile la perizia nel descrivere ambienti (l'hotel chateau marmont è, a los angeles, l'inontro dei divi), nel ridicolizzare il mondo del cinema (ma non è lo stesso mondo di cui fa parte anche Sofia?), le inquadrature fisse su situazioni spesso grottesche (la "maschera facciale di cartapesta"), che non sono altro che il bagaglio tecnico di famiglia. Ma ai tempi di Lost in traslation, sullo stesso argomento, Sofia aveva detto già tutto. Un passo indietro falso, inspiegabile, una sceneggiatura (?) monca, un inaccettabile sequenza finale (che qui non riveliamo: hai visto mai?). E il suo cinema, così, lontano da Marie Antoinette, diventa irrimediabilmente "il passato".
Johnny Marco vive tra fumo, alcool, motori e donne incantate. Ma un giorno, nella sua sregolata vita di attore a Los Angeles, arriva la figlia: Cleo, undici anni, conoscve appena il padre. Nello storico Hotel Chateau Marmont, paradiso del cinema (?), i due si ritrovano. E lui rientra nel mondo reale. Forse.
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