Regia di Jan Svankmajer vedi scheda film
Il predominio degli oggetti nel regno della fantasia – che pare il caposaldo della poetica di Svankmajer – in quest’opera diventa tirannia. Gli enti inanimati prendono il sopravvento, usando la propria natura multiforme per insidiare la vita umana con illusioni e tranelli. Le cose non rispondono alle leggi fisiologiche del mondo animale, sono fatte non di carne, ma di qualsiasi materiale, e questa assenza di limiti le rende imprevedibili e potenti. I personaggi dell’incubo di Alice sono la versione reificata di quelli ideati da Lewis Carroll: il coniglio bianco è un animale impagliato, il bruco un calzino imbottito, il cappellaio matto una marionetta, la lepre marzolina un peluche meccanico, i porcospini sono puntaspilli e la stessa protagonista, quando rimpicciolisce, assume le sembianze di una bambola. D’altronde l’immaginazione, soprattutto quella infantile (ma non solo) è popolata di simboli, metafore, modelli, sostituti del reale che non esistono in natura; sono inerti creazioni del pensiero astratto e dell’estro artistico, eppure noi riusciamo a renderle vive, a farle parlare ed agire, nella nostra mente, come spettri, o tra le nostre mani, come pupazzi. Questa è un’abitudine che coltiviamo fin da bambini, ascoltando le favole e maneggiando i giocattoli, e che prosegue, in tante forme diverse (visionarie, feticistiche, maniacali) anche nell’età adulta. Tutte questa attività hanno in comune un certo carattere straniante, quello che va sotto il nome di evasione, e che percorre, di fatto, un binario parallelo alla realtà, seguendo fantasmi che, allo stesso tempo, ci incuriosiscono e ci inquietano. Svankmajer sottolinea la natura alienata della fiaba di Lewis Carroll sovrapponendo riprese dal vivo e animazione, riducendo al minimo i dialoghi e affidando la narrazione ad una voce fuori campo. Oggettivo è ciò che mette d’accordo tutti i sensi: ma qui si avverte un’insanabile scissione, sia per la vista sia per l’udito. C’è (con)fusione tra più livelli della percezione, come in certi tipi di follia, eppure, in questo mare attraversato da una labirintica corrente, è davvero dolce il naufragare.
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