Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
Marisa, giovane, bella e corteggiatissima gelataia della stazione di Civitavecchia, ama stuzzicare tutti gli uomini che le capitano a tiro, finendo in un complicato intreccio sentimentale con il marinaio Angelo, i ferrovieri Antonio e Luigi e l'amico di borgata Luccicotto. Chi riuscirà a conquistarla? Mauro Bolognini gioca sul sicuro utilizzando Marisa Allasio e Renato Salvatori, amatissimi protagonisti di "Poveri ma belli" e "Belle ma povere", e confezionando una commedia popolare nella quale gli ultimi fuochi del neorealismo anni 50 si stemperano nell'incipiente edonismo del decennio successivo. Il film è abbastanza elementare nel suo svolgimento e si regge tutto sulle prosperosissime forme di una splendida e capricciosa Marisa Allasio (ma nell'insieme il cast non è affatto male, potendo contare, oltre che su Salvatori, su Ettore Manni, sugli spagnoli Francisco Rabal e Angel Aranda e sul volto birichino di Giancarlo Zarfati, il piccolo "gnappetta" della Famiglia Passaguai). Rivisto oggi, inevitabilmente, il principale motivo d'interesse di "Marisa la civetta" resta la presenza tra gli sceneggiatori di un giovane Pierpaolo Pasolini, intuibile nel vitalismo popolaresco e a tratti persino un po' violento (certi approcci nei confronti della bella Marisa ai nostri giorni sarebbero, anche giustamente, considerati vere e proprie molestie sessuali) dei tanti ragazzi di borgata che popolano la pellicola. Abbastanza impressionante, poi, che in parte il film sia stato girato nei pressi di un campo di calcio di periferia a ridosso del mare, un'ambientazione che, traslata da Civitavecchia ad Ostia, ricorda tristemente lo squallido scenario che, vent'anni dopo, avrebbe fatto da sfondo alla tragica e violenta fine dell'indimenticabile poeta. Poco altro da segnalare: ancorché a tratti godibile come spaccato d'epoca, "Marisa la civetta" da un punto di vista strettamente cinematografico non va oltre le due stelle di un'aurea mediocritas.
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