Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
Bolognini avrà anche trovato "la sua vena" più tardi, con i film di critica sociale, un po' cinici, un po' acidi, un po' rabbiosi, piuttosto di sinistra; ma io preferisco questo Bolognini, il regista di commedie serene e venate di sottile umorismo ed ironia, di ambientazione popolaresca, senza rabbia e senza ambizioni di critica del sistema; insomma i film del cosiddetto neorealismo rosa. Questo film è proprio gradevole, e rientra nel felice filone della commedia italiana anni '50, un genere di cui sento grande nostalgia. Senza violenza, senza rabbia, senza sesso e volgarità sapeva intrattenere e dire la sua sui personaggi e sui sentimenti, senza rinunciare a un po' di moderato divertimento.
Il tema di questo film è piuttosto frequente, specie nei romanzi dell'Ottocento, cioè quello della civetta domata, la quale, passando per qualche lacrima, incontra l'amore e la smette di divertirsi ad attirare ed illudere gli uomini. La pellicola è tutta imperniata sulla Allasio, dal corpo debordante e che non manca di attirare lo sguardo dei personaggi e degli spettatori (e della macchina da presa). L'attrice però è anche brava e adatta al ruolo. Il timbro di Pasolini sceneggiatore si rileva nell'ambientazione genuinamente popolare e nel pittoresco ritratto dei giovani laziali di quegli anni. Non è un grande film, ma una dignitosa commedia sentimentale sì.
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