Regia di Sam Taylor Wood vedi scheda film
La storia di un ragazzo come tanti in un quartiere di Liverpool come tanti, con una famiglia come tante.Ma una musica come pochi. Un ragazzo che immaginò una possibilità per la pace. John Lennon, forever….
Mother, you had me but I never had you
I wanted you but you didn't want me
So I got to tell you
Goodbye goodbye
Father, you left me but I never left you
I needed you but you didn't need me
So I just got to tell you
Goodbye goodbye
Children, don't do what I have done
I couldn't walk and I tried to run
So I got to tell you
Goodbye goodbye
Mama don't go
Daddy come home
Scorrono i titoli di coda mentre va Mother.
Era il 9 ottobre 1940 al Maternity Hospital di Liverpool quando nacque, e le cose andarono subito male per il piccolo John, e non tanto per i raid aerei nazisti che imperversavano quanto perché i genitori, Alfred (Freddie) e Julia, si separarono che lui aveva quattro o cinque anni.
A diciassette, finalmente, la zia Mimi, che l’aveva allevato, gli raccontò tutta la verità, e fu quella di tanti ragazzini costretti a scegliere con chi stare, mentre i genitori litigano.
Lui scelse il padre, una vocina minima dice a chi gli chiede con chi vuol stare, “con papà”, del resto era sempre stato con lui mentre la madre se la spassava in giro, ma poi lo vediamo correre in strada ad abbracciare le ginocchia della madre che, distrutta, se ne sta andando.
La zia Mimi, buona ma severa e decisionista (chi meglio della grande Kristin Scott Thomas poteva interpretarla?), tanto diversa dalla sorellina un po’ svitata, che suona, canta e balla il rock & roll, se lo prese e non lo ridiede più indietro.
Addirittura il padre se lo voleva portare in Nuova Zelanda!
(Un “grazie” di cuore alla zia Mimi da tutti noi, non avremmo avuto John Lennon, se non era per lei!)
Comunque, in tutto questo groviglio di sentimenti, chi ci sta proprio male è lui, il giovane John, che ha incubi notturni, sogna il mare e vede la madre dietro i vetri della porta.
Gli muore d’infarto fulminante perfino quel mattacchione dello zio George con cui si trovava tanto bene, e al college è una punizione dopo l’altra.
"Nowhere boy!", non combinerai nulla da nessuna parte, ragazzo,è l'augurio, tutto lo porta a cercare questa madre, che intanto ha una famiglia con figli e un marito che non muore di simpatia per lui.
Inizia il percorso di crescita, di scoperta, di dolore che sale oltre la soglia e tracima, fino a trasformarsi in musica.
La musica dentro di sé… non l’ha studiata, non sa suonare, ha solo un’armonica a bocca, ultimo regalo di zio George un attimo prima di morire e sarà proprio questa madre così trasgressiva per quegli anni a fargliela scoprire, con le prime lezioni di chitarra su un banjo.
E poi arriveranno Paul il mancino, mingherlino e saggio, George e tutti gli altri e la storia diventò favola.
Erano i tempi di Elvis, tutti si facevano il ciuffo come lui, e John dice alla mamma: “Perché Dio non mi ha creato Elvis?”, “Perché ti ha destinato ad essere John Lennon”.
Si sa, le biografie di un mito diventano sempre un po’ agiografie, ma questa l’ha scritta la sorellastra, Julia Baird, Imagine This, vorremmo crederci, e in fondo è vero, anche se quella frase non è stata detta proprio così fa lo stesso.
Questa dolcissima madre, giovane, allegra, ridente, capace di farsi voler bene nonostante tutto il casino che ha combinato della sua vita, questa madre che Ann-Marie Duff interpreta in modo superlativo, muore in un incidente stradale, il 17 luglio del 1958 (guidava un poliziotto ubriaco).
E’ un flash improvviso, un fermo immagine che ferma anche il cuore.
John se ne andrà ad Amburgo e il resto è storia nota, fino all’ 8 dicembre di trenta anni fa.
Forse questo film ha tanti difetti, forse bisognerebbe guardarlo con occhi altri, senza pensare a lui e senza vederlo sovrapporsi ogni volta alla figura di Aaron Johnson, non so, ma credo sia riuscito a dire qualcosa con grande semplicità e verità, la storia di un ragazzo come tanti in un quartiere di Liverpool come tanti, con una famiglia come tante.
Ma una musica come pochi. Un ragazzo che immaginò una possibilità per la pace.
John Lennon, forever….
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