Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Nel cinema di Winding Refn il motore dell'azione e il tratto caratteristico stanno tutti nella violenza, sia essa primordiale e istintiva, sia voluta e metodica. C'è una dipendenza, una necessità personale quasi catartica del regista danese di riversare sullo schermo, al culminare delle dinamiche, scene di prevaricazione, sofferenza, sangue, morte. Sorprende la capacità di preparare il terreno a queste esplosioni attraverso sceneggiatura e immagini che riescono a seminare e montare tensione sempre più intensa, potente, al limite del sostenibile. Lo spettatore si trova sbattuto spalle al muro dopo una danza ipnotica. Si sa che prima o poi ci saranno morti ammazzati, mutilazioni, pestaggi. Il perchè è del tutto scontato: l'ambiente è quello della delinquenza, della malavita, della droga, della prostituzione. Tutti i personaggi ci sono dentro, nessuno ne è esente, nessuno si salva. I fatti spingono in un'unica direzione, la strada è segnata. E' l'iter ad essere pregno di fascino, stilisticamente incentrato su movimenti calibrati della MDP attorno ai protagonisti, ambienti, colori, fotografia, musica, ogni elemento al servizio di un unico ineluttabile destino. Ecco in scena una loro terribile e squallida quotidianità (rituali, logiche, meccanismi "professionali", rapporti interpersonali che muovono come fili i protagonisti), immersa in una sorta di dilatazione filmica che sembrerebbe non portare da nessuna parte, congelarsi. Poi arriva improvvisa la stilettata, atroce e inevitabile, folgorante. Facce e corpi sempre credibili, attori ben diretti. Cinema tossico, inquinante, torbido, eppur intenso.
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