Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Si invertono gli addendi ma il risultato non cambia: dopo il primo strabiliante Pusher Refn torna di nuovo a narrarci la sua Danimarca, più precisamente la parte che non è riscontrabile ad un primo sguardo superficiale. Quella dei sobborghi, delle classi medio -basse, della micro-criminalità e degli emarginati. Gli attori e la crew sono gli stessi di Pusher, la storia cambia abbastanza ma neanche troppo in quanto a scheletro vero e proprio. Ci troviamo dinnanzi ai drammi di più personaggi le cui storie sono concatenate in vari modi, un po' come in Pusher appunto, dove a prevalere è la vicenda di Leo (un ottimo Kim Bodnia), che dopo aver appreso la maternità della moglie inizierà a cambiare radicalmente. Refn utilizza ancora una volta la camera a mano e da un realismo pazzesco alla pellicola seguendo i personaggi quasi ossessivamente e non lasciando un attimo di respiro, ho sobbalzato in più punti talmente ero immerso in quel mondo. Quasi claustrofobico in alcuni punti, assistiamo non solo ad una lenta e disperata discesa nella violenza (mai esagerata, ma è sempre un pugno nello stomaco)e nella follia, ma anche al degrado di tutta quella fetta di società che spesso non pensiamo neanche che esista, un degrado morale che inevitabilmente si ripercuote sul fisico. E così alla fine Refn non solo riesce a strizzare l'occhio a un sacco di film e registi durante il corso della pellicola, ma ci fa partecipi della meravigliosa potenza dei film, l'unica cosa capace di alleviare il dolore della solitudine, di isolare da un mondo troppo duro per essere affrontato di petto ma soprattutto capace di far riflettere. Anche per questo il personaggio di Lenny (un Mikkelsen magistrale) è forse il più interessante ed empatico, nella sua ingenuità è forse il più intelligente, o almeno io la penso così. Ottime le musiche e meravigliose le dissolvenze in rosso (che verranno usate anche nei suoi film successivi) Da vedere assolutamente questo Bleeder, che nonostante la somiglianza in alcuni aspetti con la trilogia di pusher si rivela, come del resto tutti i lavori di Refn, unico.
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