Regia di Sean Byrne vedi scheda film
Gli horror che nascono benedetti dal ballo di fine anno sono tantissimi, molti dei quali inutili, altri invece seminali – si veda Carrie (1976) e Prom Night (1980). In The Loved Ones di Sean Byrne, in un Australia per nulla insolitamente desertica e spopolata, un ragazzo anaffettivo interpretato da Xavier Samuel è l’oggetto del desiderio di Lola, interpretata da Robin McLeavy, una sorta di “lolita” al contrario, per nulla attraente e in compenso psicopatica e violenta.
È la principessa di un papà tarato, tipico nerd dell’outback, con gravi problemi identitari e di emancipazione. L’incestuosità del rapporto padre/figlia è palese fin dall’inizio, ma si concluderà solo a film avanzato. Comunque sia, questa situazione disfunzionale che distingue la famiglia e il focolare domestico di Lola, isolato e appartato dalla cittadina, degenera il senso di realtà e il limite di lecito ed illecito, a tal punto che dopo il rifiuto di Xavier Samuel, decide di rapirlo, drogarlo e quant’altro per celebrare il loro amore.
Il film è una riuscitissima discesa infernale nell’insostenibilità dello sguardo. Non tutti gli orrori vengono mostrati, ma quello che ci viene suggerito quando non è mostrato completamente è comunque disturbante. Si tratta di un torture-porn che si affranca dagli stereotipi estetici del genere, e nell’esibizione dei corpi deturpati e corrotti dal sadismo degli aguzzini c’è molta più immagine autoriale che commerciale. Gli stereotipi ci sono, ma sono anche resi con il guizzo originale di un occhio allenato, o quanto meno ispirato, con cui il regista non appare mai banale nella resa della modulazione narrativa, utilizzando topoi e nuclei tematici consolidati dal genere in chiara accezione autoriale.
Non mancano nemmeno i colpi di scena, le svolte narrative che portano l’azione su nuovi e più perturbanti livelli di accettazione. Il tutto sempre diretto con un sapiente uso dei tempi orrorifici, comprese le digressioni, i rallentamenti della storia e le sospensioni dell’orrore e la visibilità del suo materiale, tanto da ricordare Lucio Fulci nella maniacalità dell’esposizione.
Materiale orrorizzato è qui, manco a dirlo, il corpo esposto e torturato di Xavier Samuel che già prima di Twilight Eclipse (2010) era già oggetto corporale di grande attenzione. L’attore victoriano infatti, prima di diventare famoso e attirare su di sé gli sguardi obliqui e liquidi non solo di ragazze e ragazzi, ma anche di chi i film li fa e riconosce il valore della fisicità in un attore, era già stato messo al servizio della riflessione del corpo, il suo corpo?, in pellicole come Road Train (2010), Newcastle (2008), il cortometraggio Drowning (2009) e The Loved Ones appunto. Qui, inizialmente è un corpo suicida. Sentendosi responsabile della morte del padre e del silenzio della madre, Samuel si autolesiona con piccoli tagli ovunque, nonostante abbia una ragazza con cui fa sesso e degli amici con cui vedersi. Quando viene rapito dal padre di Lola ha appena tentato di lasciarsi andare dall’alto di una rupe scoscesa in piena wilderness. Interessante infatti, questo inizio totalmente avvolto dall’elemento naturale australiano. L’inizio dell’orrore, “l’arrivo del mostro”, proprio nel momento di massima intimità, quella suicida, con la natura selvaggia. In seguito il corpo diventa l’oggetto del desiderio sadista di Lola. Anche se ingessato nel completo serale dello smoking, il corpo di Xavier Samuel viene umiliato e corrotto fino ai limiti della decenza. Non ci viene risparmiata nemmeno una trapanazione cranica di insostenibile visione, e per correttezza meglio tacere su cos’altro propone il film.
La riflessione, forse anche semplicistica, del corpo come oggetto desiderato a tal punto da corromperlo, distruggerlo, in un infantile desiderio all’inglobamento, è acuta e degenerativa, perturbante fino all’esaurimento, lasciando sullo sfondo pastello della nostra percezione di domesticità le forme aborrite del desiderio sessuale.
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