Regia di Ivano De Matteo vedi scheda film
L’obiettivo di “La bella gente” è chiaro fin dal provocatorio ed ironico titolo: rivelare l’ipocrisia e la falsità di persone solo all’apparenza progressiste e di mentalità aperta. Peccato però che sia goffo, ingenuo ed irritante il modo con cui De Matteo sostiene la sua legittima tesi. Come dire tema lodevole, sviluppo deprecabile.
Susanna lavora a Roma presso un centro che si occupa della violenza contro le donne. In vacanza con il marito Alfredo, prende a cuore il caso di Nadja, una giovane prostituta ucraina sorpresa mentre viene picchiata dal suo protettore. Con l’aiuto di Alfredo decide di portarla via dalla strada ed ospitarla a casa, prima di trovarle un’adeguata collocazione, una volta rientrata a Roma. La visita del figlio Giulio con la fidanzata Flaminia avrà sulla famiglia un effetto deflagrante. Parte molto bene il secondo film di Ivano De Matteo dopo il raffazzonato e modestissimo “Ultimo stadio”. Scritto da Valentina Ferlan, come i successivi altri due lavori del regista, “La bella gente” sa seminare le giuste domande e descrivere con acuta lucidità ed illuminante brillantezza l’impegno convinto di una donna che vuole fare di tutto per rendersi utile, perché stanca dell’atteggiamento qualunquista o passivo di molti suoi amici, marito compreso, per cui vale la regola del “tanto parlare, poco agire.” Purtroppo con l’arrivo del figlio Giulio il film deraglia in una prevedibilità rovinosa e pacchiana e culmina in soluzioni narrative sconfortanti e oltre modo banali (quella porta chiusa nel finale).
Difficile accettare il repentino ed immotivato cambiamento di prospettiva di Susanna: fino al giorno prima non poteva sopportare la zoticona fidanzata del figlio, ma non appena avverte l’interesse di Giulio per Nadja, complice un innocente bagno in piscina, rimprovera il figlio ricordandogli di avere più rispetto per la sua ragazza. E anche la sequenza in cui sorprende il marito ad abbracciare innocentemente Nadia, ad incrementare risentimenti e rabbia, nati e costruiti sul nulla, è degna della peggiore telenovela. De Matteo e la sua sceneggiatrice Ferlan, con queste discutibili e banalissime scelte, rivelano la medesima superficialità, cecità e presunzione della loro protagonista. Quanto agli attori, Monica Guerritore sa essere splendida ma paga un carattere scritto con troppa approssimazione, il cui evolversi non trova adeguato riscontro nel racconto. Antonio Catania è il classico marito senza dignità e senza attributi, in balia di ogni capriccio e desiderio della moglie, del tutto incapace di prendere una decisione che sia una di sua spontanea volontà e per questo, almeno per me, del tutto inaccettabile. Trovo quanto meno indecente che si faccia insultare senza la benché minima reazione da un figlio gradasso e vuoto e sopporti supinamente le battute furiose della moglie che gli rinfaccia un’assurda relazione con Nadja. Continuo a ritenere clamorosamente sopravvalutato Elio Germano, ancora una volta alle prese con un ruolo fuori controllo e del tutto superfluo. Paradossalmente finiscono allora per funzionare meglio i caratteri più macchiettistici del film: la buzzurra Flaminia di Myriam Catania e i grossolani vicini Iaia Forte e Giorgio Gobbi. Ottima invece Victoria Larchenko. Rimasto invisibile per oltre 6 anni, il film esce finalmente nelle sale italiane. I limiti del cinema di De Matteo, didascalico, pregno di un sociologismo spicciolo e avariato, portatore di una comoda e supponente lezioncina morale che dovrebbe aprire dubbi, inscenare discussioni da urlante talk show e portare a profonde riflessioni sono però già tutti qui: poi verrà il peggio con gli irricevibili “Gli equilibristi” e “I nostri ragazzi”.
Voto: 4
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