Regia di Ivano De Matteo vedi scheda film
Alfredo e Susanna (Antonio Catania e Monica Guerritore) si sono messi insieme ai tempi del liceo, quando lei alle manifestazioni si gettava contro la polizia mentre lui si proponeva come mediatore. Ora sono una coppia di progressisti benestanti e di buona cultura, vivono a Roma, dove lui lavora come architetto e lei opera da psicologa in un centro che aiuta le donne vittime di violenza, e trascorrono le estati nella loro tenuta privata ubicata nel verde della pacifica campagna umbra, in compagnia costante dei vicini Fabrizio e Paola (Giorgio Gobbi e Iaia Forte), probabilmente destrorsi, e del loro villone con piscina.
La vacanza parte serena, tra tuffi e discorsi vacui, ma quando, tornando in macchina dal paese, Susanna vede una giovane prostituta (Victoria Larchenko) venir picchiata dal protettore sul ciglio della statale, qualcosa in lei si smuove, ed un irrefrenabile istinto di solidarietà si fa avanti inesorabile: e allora perché non prelevare quella poveretta dalla strada dandole un tetto e un po' d'affetto? E se da un lato l'amica, sbrigativa e pragmatica, le consiglia di fare una donazione a qualche paese del terzo mondo per pararsi la coscienza, dall'altro Alfredo, avvertito il suo sincero disagio, si mostra scettico ma possibilista, finendo presto per acconsentire alla richiesta: così si reca sul posto, carica in macchina la ragazza, e dopo mille resistenze la conduce in casa propria. Qui la donna la rassicura sulle loro buone intenzioni, le promette di aiutarla a cercarle un lavoro ed il permesso di soggiorno, le compra vestiti e la porta con sé presentandola agli estranei come la figlia di un (misterioso) amico.
Superato l'iniziale spavento e la fisiologica ritrosia, la ragazza inizia a sorridere, a sciogliersi, e a dire qualcosa su di sé: si chiama Nadja ed è arrivata dall'Ucraina, dove ha lasciato un fidanzato conosciuto a scuola (del quale ancora porta l'anello al dito anulare sinistro). Ma quando Giulio (Elio Germano), il figlio della coppia, residente a Londra, arriva con la fidanzata Flaminia (Myriam Catania) per festeggiare il cinquantesimo compleanno della madre, la situazione si complica, favorendo il proliferare di dicerie, cattivi pensieri, opinioni preconcette e luoghi comuni, ed ingenerando una serie di azioni e reazioni che vedono Nadja al centro della scena suo malgrado. Perché nonostante le belle parole, le promesse e le dichiarazioni di facciata, nessuno arriva a fidarsi di lei fino in fondo. Perché Giulio non è insensibile alla sua bellezza, e Flaminia ne è gelosa. E perché mentre Alfredo (pur avendola accontentata a cuor leggero) non perde occasione per interrogare la moglie sull'opportunità della scelta fatta, a lei occorre trovarsi davanti a fatto compiuto e del tutto preventivabile per capire che quella ragazza tanto carina ed educata 'trovata' per strada non è un cane da addomesticare, mettere al guinzaglio e liberare a comando, ma una persona sfortunata con alle spalle una vita dura e davanti un desiderio insopprimibile di normalità.
Diretta con misura e rigore da Ivano De Matteo ed interpretata egregiamente da un cast azzeccato, La bella gente è un'opera omogenea e senza fronzoli servita da una sceneggiatura (di Valentina Ferlan) attenta ai minimi particolari che ha la sua forza nella capacità di disegnare caratteri credibili, compiuti, veri: intorno alla vittima predestinata si aggirano infatti individui variamente miserabili ma non genuinamente cattivi, persone comuni che inducono prima all'immedesimazione e poi ad una conseguente amara riflessione per il loro essere, per quanto frivole, egoiste o anche solo superficiali, terribilmente 'vicine'.
L'immagine di Nadja di nuovo col rossetto tra le mani, pronta a rimetter su la maschera che aveva felicemente accantonato, è l'emblema della sconfitta di Susanna, del fallimento della rivoluzione che sogna fin una vita, e la porta chiusa che apre ai titoli di coda è la fotografia nitida di una società qualunquista ed ipocrita fondata sulle apparenze e su un classismo strisciante contagioso e immarcescibile che appiattisce le divergenze d'opinione tra 'pari' ed instiga a nutrirsi del più debole, in cui la discriminazione del diverso fa parte del gioco ed è un elemento imprescindibile dell'insieme.
Vincitore del Gran Premio e del premio CICAE al Festival del cinema italiano di Annecy 2009, ed uscito in sala in Francia con un buon riscontro di pubblico e critica, La bella gente è ancora inedito in Italia, ostaggio di un oscuro gioco al ribasso della società distributrice Lumiere Group: un'ingiustizia che grida vendetta per un film semplicemente valido: scorrevole, disincantato e senza speranza. Da vedere, appunto.
[aggiornamento del 28 agosto 2015]
Questa recensione è stata scritta all'indomani della prima italiana del film, tenutasi 'clandestinamente' a Roma, presso il Teatro Valle Occupato, il 26 settembre 2011: per sapere di più sulla sua sconcertante storia distributiva (è uscito nelle sale solamente ieri, con ben sei anni di ritardo sulla data originariamente programmata) recuperate QUI il post di Spaggy "La bella gente: una strana storia di un film in ostaggio", contenente il mio resoconto della serata e la sua intervista al regista Ivano De Matteo.
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