Regia di Jonathan auf der Heide vedi scheda film
La terra di Van Diemen è un'isola australiana, oggi conosciuta come Tasmania. Agli inizi dell'ottocento veniva utilizzata dagli inglesi come colonia penale, dove i detenuti scontavano la pena ai lavori forzati. Alexander Pearce, figura realmente esistita, nel 1822, riesce a fuggire con altri sette detenuti. Il film di der Heide ne racconta l'epopea, che ha mitizzato la figura di Pearce come uno dei più spietati cannibali d'oltremanica. Prigionieri, beffardamente, di una natura selvaggia, maestosa e priva di qualunque animale da cacciagione, i fuggiaschi, ben presto, si trovano a dover sopperire alla fame e cominciano a cacciare loro stessi, per sopravvivenza. Una sconvolgente storia vera che il regista australiano ripercorre in maniera splendida, senza scivolare gratuitamente sul macabro, innalzando la "wilderness" australiana a protagonista della pellicola, quasi in maniera "herzogiana", rallentando il ritmo, forse un po' troppo nella prima parte, e scavando, per quanto possibile, nella psicologia dei personaggi e dello stesso Pierce. Il risultato è un film che ha un suo particolare respiro epico, con l'inquietudine e la paranoia che lentamente s'insinuano fra i suoni naturali della foresta, della pioggia o degli impetuosi torrenti. Gli attori sono perfetti, assolutamente nella parte, e aiutano non poco alla piena riuscita del film. Peccato che der Heide non abbia più avuto modo di riproporsi, dal 2009, con un nuovo lungometraggio: ha stile, misura e potenza. Media sempre molto alta dal territorio australe, come ho già avuto modo di dire.
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