Regia di Rune Denstad Langlo vedi scheda film
Ho visto Nord di Rune Denstad Langlo. Una volta tanto sono d’accordo con la scheda di FilmTv: “belli gli scenari e azzeccata la colonna sonora, ma i tempi lunghi si ritorcono contro un’opera dove, più che riflessioni profonde, si inanellano luoghi comuni.” Aggiungerei che il nome del regista è difficile da pronunciare, che i premi ottenuti (Fipresci Prize al Festival di Berlino e al Tribeca ) sono voti rubati, che quelle di… come diavolo si chiama?, Rune Den… sono braccia rubate all’agricoltura e le esclamazioni della signora di Voghera sono finite.
Certo, “belli gli scenari” ti senti di dirlo, come quando ti fanno vedere le foto di viaggio, così, tanto per dire qualcosa. Resta il fatto che è vero, nel film di – come si chiama? - mancano le “riflessioni profonde”, come giustamente scrivono i professori nei compiti in classe; e lasciamo perdere il plot in cui “si inanellano luoghi comuni”: questa storia di Nord è vecchia, come quando il marito di una donna fa il giro dei mari e delle terre per tornare a casa dopo venti anni.
Da una sceneggiatura così insulsa non puoi mica scrivere un poema, no? Dici Straight Story, ma lì ci sono “riflessioni profonde”, c’è la strada-metafisica, ci ricavi una lezione di vita. Qui, al Nord, solo neve, slitte, “scenari bellissimi”, ma è neve che non allude, neve che è solo acqua solidificata, vuoi mettere con la neve-neve di Ombre Bianche?
Al Nord c’è questo Jomar Henriksen annoiato, mezzo alcolista, che si fa pure gli spinelli, che a un certo punto gli punge vaghezza di andare a Talmuk (oh, è grande la Norvegia!) per abbracciare suo figlio. Jomar se ne frega se quello è figlio suo o dell’amico che gli ha soffiato la donna, vuole conoscere il bambino e basta: al Nord fanno così, non hanno problemi mediterranei di corna e coltelli.
Il viaggio lungo e periglioso on the snow-road è di una noia mortale, non succede nulla: sì, Jomar incontra persone strane, una bambina che vive isolata dal mondo con la zia, un ricco gay depresso che cerca l’amicizia di qualcuno, anche un vecchio ultranovantenne che si è accampato in una tenda e si è legato una catena al piede, aspettando che il disgelo lo trascini per la stessa in una crepa tombale. Insomma, tutte cose già viste dalle quali non tiri fuori ‘il messaggio’, che cosa vuole dire - come si chiama il regista? - perché Nord sia ritenuto un piccolo (75’) grande film.
Per fortuna che “è azzeccata (Di Pietro docet) la colonna sonora”, ma, a conti fatti, Badalamenti da solo si mangia la Marshall Tucker Band, gli Stage Dolls, Age Aleksandersen, l’International Tussler Society, la Kaizers Orchestra (la band che piace alla bambina solitaria), il Trondheim Toratengruppen (sembra un gruppo antireumatico!).
Insomma, si esce dal cinema che ti viene voglia di chiedere il rimborso del biglietto. E fuori fa pure un caldo del diavolo.
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