Regia di Damien Chazelle vedi scheda film
Guy and Madeline è il primo incontro con il giovane Damien Chazelle e la sua ossessione per il jazz. Se il jazz di Whiplash, il film che lo ha fatto conoscere al pubblico, è soffocante, estremamente tecnico e opprimente, qui è tutto il contrario: libero, fantasioso e brioso. Senza schemi esattamente come la regia e il montaggio del film, in cui i fatti narrati non seguono un ordine cronologico, ma le linee di una partitura senza costrizioni. Le scene di parlato occupano la metà scarsa della pellicola, che è un susseguirsi di canzoni e jam sessions. Nonostante questi continui intervalli musicali e il montaggio libero, non è difficile capire la trama: Guy (trombettista) e Madeline (ragazza sensbile alla ricerca di lavoro) sono innamorati, ma l'interferenza di un'altra donna e una proposta di lavoro mettono alla prova i due protagonisti fino alla scena finale in cui, sulle note di un pezzo composto da Guy per la sua amata, dovranno scegliere la propria strada.
Il film è senza dubbio affascinante, ben curato e senza redini, ma non posso dire che mi sia arrivato con quel pathos e quell'immediatezza che invece caratterizzano le splendide musiche presenti. Il bianco e nero fa respirare un'atmosfera retrò e dà una certa delicatezza al tutto e, unito agli aspetti citati in precedenza, ha fatto fare a molti critici dei voli pindarici verso capolavori del passato, tra Godard e Cassavetes. La macchina da presa è ballerina, certe volte sfoca, segue spesso i personaggi, li taglia, li insegue di nuovo per poi stabilizzarsi un attimo e ripartire. I dialoghi sono pochi, ma lasciano spazio in un paio di occasioni alla differenza tra il jazz e la musica commerciale contemporanea, forse nel tentativo di mostrare gli automatismi e i paletti che caratterizzano le nostre vite nel mondo di oggi. Non si possono fare commenti sugli attori che, a quanto ho capito, molto spesso sono amatoriali o addirittura semplicemente musicisti, come il protagonista maschile, comunque dalla recitazione degna. Un po' raffazzonato l'audio, che ricorda quello dei documentari in presa diretta.
In generale, è un film che lascia vedere chiaramente il talento di un regista che ha tanta voglia di raccontare, ma che lascia trasparire una certa vanagloria. Detto in parole povere, mi sembra che se la meni un po' nel voler a tutti i costi sfornare un prodotto "artistico" in tutto e per tutto. Certi accostamenti al passato mi sembrano un attimo fuori luogo.
Tra qualche giorno andrò a vedere La La Land. Mi aspetto qualche somiglianza.
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