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My Son, My Son, What Have Ye Done

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su My Son, My Son, What Have Ye Done

di laulilla
8 stelle

Come sappiamo da Sofocle, Elettra aveva spinto il fratello Oreste a uccidere la madre Clitennestra, colpevole di aver tradito e assassinato il marito Agamennone appena tornato dalla guerra di Troia.

 

È ispirato a una vicenda reale questo film, che racconta la storia del giovane Brad (Michael Shannon), attore dilettante, che dopo aver ucciso la madre trafiggendola con una spada orientale,  si era barricato nella sua casa di San Diego con due ostaggi, tenendo fino al momento della sua inevitabile resa, in stato di allerta la polizia speciale, armata fino ai denti.

La locandina del film precisa, però, che ” il mistero non è chi, ma perché”, indicando in quale direzione intenda muoversi il regista. È infatti intenzione di Herzog non tanto di creare l’atmosfera di tensione funzionale alla soluzione di un giallo – visto che è risolto fin dalle prime battute – quanto di indagare nella mente di Brad, sconvolta dalla follia, per farne emergere il tortuoso percorso attraverso il quale il giovane era arrivato al matricidio.

Ingrid (Chloë Sevigny), fidanzata di Brad, così come il regista teatrale che ne aveva diretto l’ultima recita, col loro racconto al detective Havenhurst (Willem Dafoe) che stava occupandosi del caso, avevano fatto emergere alcuni squarci di verità utili per comprendere, almeno un po’, che cosa fosse successo a Brad, nonché quale ruolo probabilmente decisivo avesse assunto nella sua mente sconvolta la recita dell’Elettra di Sofocle.

Sembra infatti che la figura di Oreste avesse costituito per Brad un elemento di identificazione così potente da indurlo non solo a procurarsi di persona una spada vera e affilatissima, ma anche a ricercare nel locale ospedale le tracce del proprio padre, morto da molti anni, quasi che sospettasse un ruolo attivo della madre in quella morte.

Dopo la catastrofe tragica, secondo l’antica poetica aristotelica, si dovrebbe produrre la “catarsi”, cioè la purificazione dello spettatore, indotto a meditare sulla recita anche dalle riflessioni del “coro”. Non per nulla proprio il coro diventa lo scenario degli interventi fuori luogo del giovane attore, non in grado di distinguere fra recitante e recitato, ciò che avrebbe indotto il regista a escluderlo dalla rappresentazione. Un percorso di follia, dunque, aveva trovato nel testo di Sofocle, profondamente assimilato, il catalizzatore della preesistente volontà delittuosa. 

 

 

 

Come un’antica tragedia è perciò narrata la storia di Brad, che, essendo anche una vicenda della cronaca locale, è girato nei luoghi dei fatti raccontati, senza che il regista vi abbia aggiunto molto se non, con un guizzo di geniale intuito, un cantastorie spagnolo con  la funzione di “coro” che, riportando serenità e pace nel cuore dello spettatore, crea un’atmosfera di piacevole distacco dalle cupe vicende raccontate.

Film prodotto – non per caso – da David Lynch, che aveva apprezzato il lungo lavoro di studio e di preparazione condotto sul luogo del delitto dal regista, che si era mostrato anche un ottimo direttore degli attori.

 

 

Recensione pubblicata il 9 ottobre 2010 su Mymovies

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