Regia di Werner Herzog vedi scheda film
Werner Herzog cerca di espandere, sullo scenario del vasto mondo antico e moderno, un episodio tipicamente claustrofobico come il delitto familiare maturato in un ambiente domestico chiuso ed oppressivo. Però l’operazione si esaurisce, così sembra, in un’antologia di pop up cinematografici a contenuto vario, fatti esplodere un po’ a casaccio sulla solita immagine della casa circondata dalla polizia, in cui l’assassino si è asserragliato con alcuni ostaggi. Nel fantasioso florilegio di flashback sui prodromi della follia omicida, c’è spazio per tutti i luoghi herzoghiani, dall’esotismo avventuroso al solipsismo paranoide, passando per la diabolica furia del genio, la trascinante passionalità della musica e il volto grottesco del mondo circense. Ma questa rassegna non basta a creare una storia: i brandelli sparsi di una visionarietà disturbata, a tratti mitologica, a tratti mistica, sono troppo slegati tra loro per dare alla sceneggiatura un senso su cui meditare. E così fenicotteri rosa, cavalli nani e polli giganti si ritrovano a popolare un universo mentale fantastico, però talmente dispersivo da non riuscire ad esprimere né la magnificenza del sogno, né l’orrore dell’incubo. My Son My Son What Have Ye Done mette in scena il classico tema del matricidio, tentando di porre in relazione l’aulico contesto della tragedia greca con la volgare assurdità dei drammi della cronaca contemporanea: tuttavia il confronto non funziona, perché il passaggio è reso accidentato da inserti stilistici di maniera, tra punte di maledettismo alla Abel Ferrara e barricate metafisiche alla David Lynch. Così il nesso si perde per strada, travolto da un gusto della favola e dello spettacolo un po’ troppo accentuato e che, in questa sede, appare davvero un po’ fine a se stesso.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta