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My Son, My Son, What Have Ye Done

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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La recensione su My Son, My Son, What Have Ye Done

di chinaski
8 stelle

Fenicotteri rosa. Un uomo che si nasconde nella propria casa dopo aver ucciso la madre. La tragedia greca. La polizia che circonda la casa, le pistole puntate, un detective che raccoglie le testimonianze di quelli che conoscevano l’uomo. La sua ragazza, un regista teatrale. Il flusso della narrazione si interrompe, flashback che allargano la normale percezione delle cose. Improvvise illuminazioni, il tempo che rallenta, un attimo prima del satori, un attimo prima che le cose diventino reali, che il nostro modo di vedere cambi per sempre.

Un semplice plot da poliziesco americano di serie b diventa nelle mani di Herzog e Lynch materiale per dare vita alle proprie visioni, a due diverse idee di cinema che si fondono e si sovrappongono ma che rimangono sempre riconoscibili.

Le visioni di Herzog. La natura e lo spaesamento dell’uomo al suo interno. Niente sciamani o sostanze psicotrope assunte in Perù, ma la sensazione è quella di un viaggio indotto, mentre Brad inizia a sentire la propria voce interiore che gli fa trovare dio nel volto impresso su una scatola di cereali. Sempre Brad all’interno di un tunnel di vetro, luce e metallo, mentre scende una scala mobile che sta salendo, come a volersi liberare dall’illusione del tempo e dello spazio. Si muove per un mercato in qualche sperduto paese asiatico, non sappiamo come ci è arrivato, quando si è trovato in quel luogo, cammina tra le persone, poi la macchina da presa inquadra il suo volto come fosse il centro del mondo e la realtà che ruota intorno a lui.

Le visioni di Lynch, i colori naif, un nano che appare in un bosco, i generi cinematografici che impazziscono, un attore che attraverso la follia delle sue parole esprime una consapevolezza zen della vita, come dopo una profonda meditazione.

La pellicola si immerge nel subconscio del proprio protagonista, la sua follia serve a sconvolgere codici e regole cinematografiche, le immagini scorrono come in un flusso mentale che segue direzioni imprevedibili, Herzog e Lynch rincorrono le loro ossessioni, lo spettatore viene trasportato in una dimensione che solo uno schermo, in una stanza buia, può riflettere.

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