Regia di Werner Herzog vedi scheda film
Straniante, spaesante, sconcertante sin dall’incipit, nell’uso dei colori, la luce solare così abbagliante e aggressiva che invade gli ambienti (lo splendore acceccante “visto” (?) nei deliri del protagonista), e nel significato globale; troppo dispersivo nella parte centrale, secondo la propria struttura a labirinto, ma rimane qualcosa di più che un’esplorazione in una psiche malata. Assistiamo a frangenti inquietanti, come quando il protagonista mostra alla sua ragazza il “volto di Dio” indicando un’immagine sorridente su una scatola rimasta in cucina da quand’era piccolo, e una scena apparentemente così insignificante fa accapponare la pelle, rendendo la misura della follia, evocando presenze “della casa” demoniache à la Lynch (produttore esecutivo) o chissà quali altri misteri della mente e di ciò che le gravita attorno; altrove la progressiva identificazione nella tragedia di Edipo, coi suoi temi sottintesi (il nuovo corso della giustizia dopo che la catena di sangue verrà spezzata da un intervento divino). Come recitava la locandina, “il problema non è chi, ma perché”, ed è qui l’enigma del film, probabilmente tutto da studiare. A livello stilistico prosegue l’interessante (a onta dei luoghi comuni) sperimentazione americana di Herzog, abituato in gioventù a immersioni panteistiche nella natura, tenebrosi paesaggi mitteleuropei, e ora completamente rinnovatosi. Quel che si afferra comunque, pur nella inestricabile labirinticità delle loro opere, considerate nella globalità, è che personaggi come lui, o Lynch, “sanno”, nel senso più gnostico del termine.
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