Regia di Aaron Aites, Audrey Ewell vedi scheda film
A pensarci bene il black metal, che nasce e si sviluppa nella Norvegia di fine anni '80/primi anni '90, è una delle più estreme provocazioni che l'Arte abbia mai partorito: un movimento musicale (e di pensiero, cosa da non sottovalutare affatto) che si propone l'estinzione di sè e dei suoi stessi fans, paradossalmente. Tanto è stata coerente la sua storia, quantomeno nei primi anni di vita del fenomeno, che nella sua scia non si contano nemmeno più i cadaveri lasciati per strada, dal suicida Dead (pseudonimo fra i più ineccepibili di sempre), che si sparò in testa e dai compagni di band fu immediatamente fotografato per sfruttare l'immagine come copertina di un futuro album, all'accoltellato a morte Euronymous, che il paranoico Burzum decise di uccidere temendo (non si sa quanto verosimilmente) a sua volta per la propria vita. E proprio Burzum (al secolo Varg Vikernes), raggiunto in galera per un'intervista, è uno dei due protagonisti principali di questo lavoro, diretto con grande serietà - sarebbe stato fin troppo facile ridicolizzare o banalizzare gli argomenti in campo - e imparzialità da due esordienti come Audrey Ewell e Aaron Aites; l'altro individuo al centro del racconto, anch'egli intervistato a fondo dalla coppia di registi, è il leader dei Darkthrone Fenriz (Gylve Nagell per l'anagrafe), decisamente più equilibrato del collega galeotto omicida, ma comunque un individuo che ci si augurerebbe di non incontrare mai in un vicolo buio nottetempo. Non sarà un'opera destinata a un vasto pubblico e forse coloro a cui è principalmente indirizzata sono troppo sfegatati per poter cogliere la neutrale prospettiva su cui Ewell & Aites si muovono; non sarà un documentario di importanza vitale o capace di coinvolgere un vasto pubblico (anche perchè le tematiche e alcune scene non sono consigliabili a chiunque), ma Until the light takes us ha tutte le carte in regola per costituire un interessante documento, capace di incuriosire anche chi del black metal sa poco o niente. Il regista Harmony Korine, grande fan del genere musicale, compare per una manciata di secondi per dire la sua e spiega che ciò che lo attira maggiormente del black metal è che si tratta della "most uncommercial music", concetto che in effetti non fa che rientrare nell'etica del suo cinema. 6/10.
Serie di interviste ai protagonisti della rapida e folle ascesa (fine anni '80) del fenomeno norvegese del black metal: musica pesante, autodistruzione, chiese in fiamme, proclami nazistoidi.
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