Regia di Luca Miniero vedi scheda film
Avete presente quelle pubblicità di certi film comici che si affidano a frasi fatte un pò banali del tipo "Si ride fino alle lacrime"? Si dà il caso che proprio la formula appena citata accompagni sui quotidiani la campagna promozionale di questa pellicola. Ma la notizia sapete qual è? Che si ride veramente fino alle lacrime!! Io stesso alla fine della proiezione avevo gli occhi umidi dal gran ridere. E in sala era tutta un'esplosione di buonumore, che ha trovato alla fine naturale espressione in un applauso collettivo, convinto e liberatorio. Eppure non stiamo parlando di un capolavoro, ma di un film che, molto semplicemente, funziona alla grande in un'ottica di comunicazione diretta col pubblico, creando un perfetto meccanismo di ilarità. Ed è a suo modo un piccolo miracolo, se consideriamo il caso di un film che trascina all'entusiasmo lo spettatore popolare senza alcun espediente cinepanettonesco, senza veline scosciate e totalmente privo della benchè minima allusione o doppio senso che dir si voglia. Il mio giudizio è dunque largamente positivo, anche se c'è un dettaglio di cui è bene esser consapevoli. Il film è un remake di un prodotto campione di incassi in Francia, che peraltro avevo già visto a suo tempo. Ed è un remake -va detto- ricalcato in modo totalmente fedele all'originale. Secondo alcuni pareri (che non condivido) questo sarebbe un fattore limitante. Nel senso che chi ha realizzato questo film (parlando papale papale) "ha trovato la pappa già fatta". Non sono d'accordo per diversi motivi. Primo fra tutti quello che non credo sia stato proprio automatico adattare personaggi, dialoghi, scenari, modi di pensare e quant'altro dalla versione francese a quella italiana. Suppongo che, in ogni caso, chi ha "riscritto" la sceneggiatura abbia dovuto inventarsi battute e situazioni prettamente legate al nostro paese e tale "riscrittura" si è compiuta nel migliore dei modi se è vero che il film è così esilarante. Anzi, a detta di più d'un critico, "è meglio dell'originale". Personalmente, ho trovato entrambe le pellicole ugualmente geniali. Con una differenza. Che il cinema francese, se parliamo di commedia, continua a disporre di una leggerezza di fondo, di una ingenua levità, che i cineasti nostrani ancora non hanno nelle loro corde. E con questo non intendo affatto dire che la versione italiana è "minore", solo che tra le due nazioni, riguardo ai rispettivi modi di "fare cinema" esiste ancora una differenza rilevante. E mi fermo qui, perchè chi mi conosce sa quanto io adoro il cinema francese. Ma prima di entrare nel merito di questo bel film, vorrei spendere ancora due parole sul francese "Giù al Nord", pellicola deliziosa che ancora ricordo con somma soddisfazione. Quel famoso "tocco leggero" che manca alle nostre commedie (esclusa quella oggetto di questa recensione). Ed è proprio quest'ultimo fattore che determinò per quella pellicola un successo di botteghino da noi infinitamente minore rispetto a quello incassato oltr'alpe. C'è poco da fare: noi italiani -in materia di comicità- facciamo fatica a prescindere dalla battuta grassa e dalla situazione piccante. Da segnalare che il comico francese sopraffino Dani Boon che ideò il progetto originario, di cui fu peraltro sceneggiatore, regista e protagonista, appare qui in un fulmineo cameo di cui presumo ben pochi si accorgeranno, data la scarsa popolarità di Boon qui in Italia. A me piace ricordarlo nella strepitosa interpretazione di "Il mio migliore amico", a fianco di un fantastico Daniel Auteil, altro tipico esempio di commedia francese avvolta in una leggerezza malinconica inarrivabile per i cineasti italiani. Tornando invece al nostro film italiano, segnalo un dettaglio quasi incredibile: cosceneggiatore assieme al regista troviamo tale Massimo Gaudioso che fu tra gli autori di "Gomorra"...si stenta a crederlo, dato l'approccio opposto dei due film alla stessa tematica di costumi sociali partenopei. Se analizziamo questo film sullo sfondo complessivo del nostro panorama cinematografico, esso ci appare chiaramente come opera minore, in quanto finalizzata al puro intrattenimento, e dunque Luca Miniero non è comparabile a suoi più ambiziosi colleghi, ai vari Luchetti, Soldini, Costanzo etc. Qui si naviga evidentemente nelle acque . del disimpegno. E' necessario allora collocare il film, se si vuole giudicarlo con criteri adeguati, nel contesto che gli è proprio, vale a dire quello della commedia all'italiana moderna. E qui il discorso si fa interessante, perchè a mio avviso questo film ha il merito di aprire una Terza Via alla nostra Commedia. Che finalmente supera quelle altre due categorie che io individuerei come segue: 1) gli odiosi cinepanettoni, che poggiano su un'idea di cinema che io reputo avvilente e che mette al primo posto la volgarità come elemento basico della ricerca del consenso 2) da qualche anno registi come Brizzi e Veronesi si sono cimentati nella redditizia impresa di sfornare prodotti di estrazione cinepanettonesca benchè "mascherati" furbescamente da commedia "intelligente" avvalendosi peraltro di ottimi attori (operazione quest'ultima che non mi ha mai convinto, e che potrei liquidare affermando che non basta esibire una Littizzetto per sembrare "intelligenti"...). Ciò detto, ribadisco che secondo me il film di Miniero apre nuove prospettive al cinema comico italiano di intrattenimento. Perchè poi il film, nel suo piccolo, è anche pungente, in quanto mette alla berlina certi modi radicati di pensare, senza fare sconti nè al Sud nè al Nord. La vicenda è quella di un direttore di ufficio postale che, essendo stato smascherato nel tentativo di fingersi disabile, viene punito col trasferimento dalla nativa Brianza al lontano Cilento, profonda Campania. E da qui partono una serie di gag quasi tutte irresistibili. Il direttore entrerà a contatto con un'umanità verso la quale provava diffidenza se non addirittura odio, e che invece si rivelerà generosa come mai egli avrebbe ipotizzato. E veniamo ad un cast veramente formidabile. Del talento di Bisio eravamo tutti consapevoli, conoscevamo la sua capacità di interprete unita ad una mimica e gestualità eccellenti. Stesso discorso per Angela Finocchiaro, mentre Siani è quasi una rivelazione. Discorso a parte per la splendida Valentina Lodovini, dotata di una bellezza mediterranea che mi lascia senza fiato. E non è un caso se si sta accingendo ad interpretare una fiction tv su Anna Magnani. Alla faccia di certe giovani attrici che non sanno nè recitare nè muoversi, su tutte Laura Chiatti. Ma questo film ha un merito davvero rilevante. Quello di offrire ampio spazio al talento di un manipolo di caratteristi davvero strepitosi, noti e meno noti. Su tutti la sublime coppia dei "Costabile brothers", un Giacomo Rizzo e un Nando Paone da applausi, entrambi dotati di una comicità surreale che tocca vertici felliniani. Doveroso poi segnalare quella formidabile maschera che è Teco Celio, nel singolare ruolo di presidente dell'Accademia del Gorgonzola, nel cui ambito si svolgono riti che sembrano avere i crismi di certe cerimonie massoniche. Grandiosa poi la partecipazione di Nunzia Schiano nei panni di una madre iperprotettiva nei confronti del figlio. E per terminare questa galleria di grandi caratteristi, vorrei segnalare il semisconosciuto Fulvio Falzarano. Egli fa parte di una sorta di prologo alla vicenda, nei panni di "Mario detto Ciaparàtt", un collega di Bisio: si tratta di un episodio che ha fatto quasi crollare la sala dalle risate, quello in cui lo stesso Bisio viene beccato finto disabile da un Ispettore del lavoro. Ultima segnalazione per la piacevole presenza nella colorata e vivace colonna sonora di un romanticissimo brano cantato da Norah Jones. Sarebbe banale liquidare questo film alla stregua di una innocua operina buonista. Diciamo che la pellicola sfotte i pregiudizi mettendo simpaticamente il dito nella piaga, facendo intendere al pubblico che quelle abitudini, quei tic, quelle manie, provengono da culture antiche e dunque rappresentano (Nord e Sud che sia) una ricchezza di cui andare fieri, e che uomini e donne condividono i medesimi sentimenti in ogni regione; la gente si arrabbia e si innamora a tutte le latitudini, e ciò vale per un brianzolo come per un partenopeo. E poi a me piace da morire l'idea di un milanese che conosce la bontà di una caciotta campàna e di un napoletano che scopre le virtù del gorgonzola. E' buonismo? No. E' convivenza civile unita al buon senso. Ciò che manca in buona parte ai politici leghisti.
Voto: 8/9
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