Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Ad inizio XIX Secolo, nel Lazio, i poteri spirituale e temporale sono esercitati dal papa Pio VII. Il corpo di spedizione francese inviato da Napoleone vorrebbe sottrargli quanto meno il secondo. Intorno alla corte del pontefice, a sua difesa e sudditanza, ruota una galassia di nobili, tra i quali il marchese Onofrio Del Grillo. Uomo godereccio, il marchese Del Grillo ama occupare il tempo libero facendo scherzi alle persone che ha intorno. In un particolare frangente, uno scherzo un po' più cattivo di altri, rischia di finir male per la malcapitata vittima. Celebre commedia di Mario Monicelli, tenuta in piedi dalla maestria di un Alberto Sordi in gran forma, nel doppio ruolo del nobile protagonista e del popolano Gasperino. Il regista romano rende una descrizione impietosa dell'aristocrazia dell'epoca. Mentre in Europa, anche grazie alle campagne napoleoniche, si diffondono le idee della Rivoluzione Francese e gli equilibri economici e sociali mutano in virtù dei progressi scientifici e tecnici legati alla Rivoluzione Industriale, la nobiltà papalina rimane legata ad anacronistici schemi di pensiero. Sfrutta senza timore d'apparire dispostica il potere rimastole, fruttando il lavoro dei ceti inferiori ed avendo facoltà di commettere ingiustizie nei loro confronti, rimanendo impunita. Estremamente legati all'apparenza, bigotti, inconcludenti, nonostante la loro resistenza alla modernità, non hanno alcuna possibilità di traversare indenni i decenni che verranno. Il marchese Del Grillo non è, rispetto ai nobili coevi, migliore. Anch'egli, nel tempo che non trascorre a dormire, a far l'amore, o a battere - sotto mentite spoglie - le osterie romane - luoghi dove ci si diverte veramente - è solito abusare del proprio potere, anche organizzando, con la collaborazione del fido paggio Ricciotto, scherzi ai danni del prossimo. Egli, però, è uno che ha "capito il gioco". E' consapevole del parassitismo e dell'impunità della propria classe sociale; non è ostile al mutamento delle dinamiche sociali ed al progresso in genere. Non rinuncia, però, alle sue prerogative, ed anzi, utilizza la sua conoscenza del mondo congiuntamente alla sua spregiudicatezza, per vivere al massimo. Una simpatica canaglia, possiamo dire noi. Ma, di certo, non la pensano così Gasperino il Carbonaio, Aronne Piperno, Anita e Faustina, personaggi vittime dei suoi scherzi e/o soprusi ! Il ritmo del film è lento; il racconto si snoda entro evocative ambientazioni scelte tra una Roma resa eterna ed eterea dalle sue rovine, e contemporaneamente vivace e chiassosa dalle sue osterie, la piazza, le strade brulicanti, e le campagne dei dintorni. Appaiono, in alcune sequenze iniziali, i suggestivi ruderi di Monterano, "città fantasma" a nord della capitale. I toni sono da commedia; la colorita espressività romana di Alberto Sordi domina la scena; lo sfrontato nobile proferisce delle frasi rimaste impresse nell'immaginario collettivo ("Io So' Io E Voi Nun Sete Un ... !"). L'epilogo non pone in buona luce ne' il protagonista - non comprende, o non vuol farlo, che il sosia Gasperino, per colpa del suo scherzo, sta rischiando la testa - ne' la sua classe sociale. L'anziana marchesa Madre, vero e proprio relitto del passato, per l'ennesima volta, dà ulteriore prova della sua sdegnosa insensibilità. Nonostante tutto ciò, nulla, nell'immediato, cambia. Il marchese Del Grillo, dopo l'"avventura francese" stroncata sul nascere dalla sconfitta di Napoleone (evento che il regista anticipa di qualche anno) torna alla sua vita; Gasperino il Carbonaio, sia pur rivalutandole in positivo, alla sua faticosa vita di sempre. Oltre all'eccezionale prova di Alberto Sordi, è rilevante l'interpretazione di Paolo Stoppa nel ruolo del papa Pio VII, mostrato nel film nella gestione dei suoi affari "terreni". All'apparenza un'opera volta all'intrattenimento, in virtù dell'espressività del protagonista e dei comprimari, "Il Marchese Del Grillo" è molto di più. Mario Monicelli "demolisce" con caustiche ricostruzioni un'intera classe sociale, tratteggiandola, in rapporto ad un preciso momento storico, in piena decadenza; lascia, però, comprendere, con una vena di pessimismo, come, per i "poveracci", la gente del popolo, nulla cambi.
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