Regia di Noah Buschel vedi scheda film
Noah Buschel ci mette il jazz. Lo mette in ogni piega, in ogni salsa, protagonista delle vite dei suoi personaggi, colonna sonora dei loro sogni, fulcro, partenza e arrivo di ogni sua storia. Evidentemente il jazz non è, per questo ottimo regista NewYorkese, soltanto musica (è quello che direbbe ogni intenditore di jazz, quale – ahimè - io non sono), ma una chiave di vita, un modo (tutt’altro che preciso, ma certamente allegro e disincantato) per entrarci.
Michael Shannon (un attore di prima grandezza che qui in Italia, grazie anche ai noti problemi distributivi, è familiare a pochi), è John Rosow, un investigatore privato simpaticamente strafottente, che affronta la vita amareggiato dopo la perdita della moglie con l’immancabile compagnia della bottiglietta del gin, al quale un misterioso avvocato affida il compito di seguire un altrettanto misterioso uomo in viaggio da Chicago verso Los Angeles. Nella sua avventura, Rosow incontrerà dapprima Charley (un’amabilissima Amy Ryan), la segretaria dell’avvocato, “Papi” una sua vecchia conoscenza dei tempi in cui erano entrambi nella polizia, e altri personaggi tra cui una non immodesta quantità di tassisti ai quali, come a tutti gli altri, si rivolge dando disinvoltamente del “tu” (indipendentemente dal loro ruolo o posizione sociale). Rosow è un personaggio squisitamente jazz: laddove “jazz” (l’etimologia della parola non è mai stata chiara…) può essere inteso come “indefinito-complesso-spontaneo” e poi anche “dolceamaro-sarcastico-disilluso, ma non arreso”, ecco che l’investigatore interpretato da Shannon è al tempo stesso abile e scaltro così come ingenuo e vulnerabile (prova ne siano tutte le botte che si prende, a intervalli regolari, durante il film), spiritoso e malinconico, sempre sul punto di crollare, ma poi ostinatamente di nuovo in piedi, alternativamente istintivo e ragionatore non secondo i criteri della logica, ma secondo quelli di chi conosce la vita solo attraverso l’esperienza diretta. Non a caso, la svolta del film si avrà solo quando Rosow, finalmente e per la prima volta, incontrerà l’unico tassista che fuma dentro il taxi, il primo a non fargli storie per la sigaretta accesa, come a dire che alla vita non servono progetti o regole, strade o pianificazioni: la vita è come lo scorrere di un fiume, libero solo dentro il suo alveo, sorpreso ad ogni curva del nuovo panorama che incontra, che affronta con naturalezza ed inesorabile mansuetudine tutti i salti, le deviazioni, le improbabili acrobazie di un percorso misterioso e ineluttabile… Proprio come un brano jazz.
“The Missing Person” è un thriller gentile, discreto (nel senso di non invadente), intelligente e perfettamente calibrato in ogni suo aspetto, positivamente privo di grandi pretese quanto ricco di umanità e sensibilità, godibilissimo dall’inizio alla fine grazie ad un ritmo assolutamente misurato.
Da considerare, all’interno della ricchissima colonna sonora, un cameo in audio/video del sassofonista Joe Lovano con la sua “I’m All for You” nell’ultimo locale dove il nostro eroe tracanna il suo ennesimo gin.
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