Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film
Ozpetek è sempre Ozpetek. I suoi film si riconoscono lontano un miglio: gli attori, i ritmi, la recitazione, le scene corali, la fotografia calda, i movimenti di macchina circolari. E anche se stavolta i temi trattati sono parzialmente differenti rispetto al solito (oltre ai sentimenti ed all’immancabile morte di turno, qui si parla quasi esclusivamente di sesso e famiglia) il tocco del regista turco rimane riconoscibile. La trama si occupa di un tema stra-abusato, quello dell’omosessualità celata e difficilmente dichiarabile in contesti familiari del Sud Italia (i cui concetti, dinamiche e propensioni sono dipinti da Ozpetek e compagnia come se si fosse ancora all’età della pietra). L’unico anelito che si palesa è quello che riguarda il paradossale confronto intergenerazionale, per il quale i sessantottini appaiono più bigotti dei propri genitori (si veda l’apertura mentale della nonna rispetto alla mamma e papà di Tommaso).
Scamarcio, migliorato in recitazione (era ora!), Fantastichini (unica icona ozpetekiana rimasta nel cast), Lunetta Savino (le cui scene non sono valorizzate a dovere dalla sceneggiatura), Alessandro Preziosi (a cui vengono dedicate pochissimi momenti), Nicole Grimaudo (che interpreta un personaggio criptico fino alla fine – sciattezza nella caratterizzazione o tentativo di comunicare qualcosa?), Elena Sofia Ricci, Ilaria Occhini e Bianca Nappi formano un cast abbastanza affiatato, valorizzato dall’esperienza di Ozpetek quanto a film corali.
Non certo il miglior film del regista: qui ci sono risate e momenti interessanti, certo, ma il film rimane sospeso tra commedia e dramma senza mai risolversi a favore di uno dei due generi: ecco perché la storia pare non decollare mai, tanto che il finale arriva come una sorta di mannaja per lo spettatore che attende una risoluzione, una svolta, un appiglio (che non arriverà).
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