Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film
Colori sgargianti, sguardi intricati, segreti intriganti, quadretti corali, malelingue provinciali, attrazioni lasciate al silenzio della sospensione: il nuovo film di Ferzan Ozpetek è uno sgargiante bighellonare fra temi propri della sua produzione (la famiglia, l’omosessualità, l’amore contrastato e/o inconfessato, qui presente in entrambi i casi) ma che, declinati in maniera più briosa e accorata (e completamente diversa rispetto al precedente, poco riuscito, Un giorno perfetto) danno vita di volta in volta a sequenze ispirate (lo scambio di occhiate roventi e ‘pensieri stupendi’ fra Scamarcio e la Grimaudo durante la cena, l’ultimo trucco della – sublime – Occhini prima di ricongiungersi idealmente con l’amato –), e ad altre non approfondite ma solo evocate, quasi da spot pubblicitario (la Grimaudo nella sua entrata in scena da ragazzina viziata che riga una macchina, la Crescentini sposa in fuga), che vengono alternate con spensierata discontinuità.
Dopo Saturno contro, la sua opera più compiuta e bella (al tempo stesso veduta panoramica sui sentimenti e scardinamento interiore degli stessi, sanguinanti, fra gli amabili resti degli affetti), l’autore torna con un film più variegato e leggero, spensierato, piazzando astutamente ad incarnare il figliol prodig(ai)o uno Scamarcio in parte, misurato e trattenuto (se la cava così-così il fratellino Preziosi), e alla fine infilandoci, quasi en passant, una bellissima e visceralmente sincera confessione di un aspirante scrittore, confessione che chiunque si senta straniero nella voce e a casa fra le parole scritte, percepirà come propria.
Errore:
chiudi
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta