Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film
Mine vaganti che colgono nel segno.
Credo l'opera più interessante di Ozpetek che, senza voler strafare, ma cinemando morbidi ricami oltre le righe, offre tutta una gamma di spunti credibili, dove identifichiamo – identificandoci – pudori, memorie e sorrisi.
La storia è quella del giovane Scamarcio, emigrato dalla natia Puglia per studiare a Roma (dove scopre la sua omosessualità), e del suo ritorno a casa per rivelare a tutti la sua autentica natura e le sue reali aspirazioni, lontane dall'azienda di famiglia dove vorrebbe coinvolgerlo il padre.
Sarà tsunamizzato dagli eventi.
Il tutto con un finale presumibilmente aperto come aperta deve essere la strada che ognuno di noi cerca di individuare nella propria vita, il film sviluppa tematiche riconoscibili, accordi e disaccordi comuni ad ogni vivere quotidiano, queste tra le positività di Ozpetek, che tralascia per una volta fumosi ghirigori psicoanalitici volando, relativamente, basso, ma con delicatezza e tocco aggraziato, anche quando vira nella commedia più consueta.
I pensieri, per alcuni prolissi, che la nonna devolve post scomparsa, smussano ed indirizzano verso la ricerca e l'individuazione della serenità. Ma è proprio la matriarcale Ilaria Occhini, con i suoi sguardi incagliati a vegliare storia e famiglia, che ci offre l'outing più liberatorio, col suo reale amore custodito
- e presente per l'intera vita (riproposta in originali e chirurgici flashbacks) -
a riaffiorare in sempre garbata figura durante il film, intrecciando cronache frantumate e tentando la ricomposizione di fragili equilibri.
Rivalutiamo, piacevolmente sorpresi, un pudico Scamarcio, recitazione tutta sguardi ed intenzioni, che regala faccette compostamente sincere, che balla davanti allo specchio, che bacia il compagno della sua vita affrancata e bacia la delicatezza femminile che parrebbe/vorrebbe confondere i suoi sensi... e bellissimo il sussurro alla sorella che gli chiede se è felice, e grande Ozpetek, nel riuscire a sottolineare in una lacrima d'immagine, anche il tono di quel “bah!..” di risposta, con le mille domande impigliate in scia... deliziosa poi la fresca Grimaudo, anche solo per come cambia le scarpe o tiene in mano un tramezzino, ma centrati sono anche tutti i (co)protagonisti, esaltati comunque dalla validità dell'impianto narrativo; dal diligente e teneramente complice Preziosi al burbero Fantastichini (meno isterico, per fortuna, che in Viola di mare), alla sinteticamente funzionale Lunetta Savino, fino al personale di casa Cantone, protagonista di chicche imperdibili, per concludere con la sgangherata compagnia romana degli amici di Scamarcio, che irromperanno su set e storia con estrema efficacia.
Commedia di alto profilo insomma, che lascia al palo, e con non chalance, le borie recenti di Virzì, Muccino e compagnia bella...
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