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Dieci inverni

Regia di Valerio Mieli vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Dieci inverni

di FABIO1971
6 stelle

"Io ti sto antipatico, vero?".
"No, perchè?".
"Così, mi sembrava. Non parliamo mai".
"Forse perchè non abbiamo niente da dirci".
"Forse conviene provarci, se no qua ci annoiamo".
"Va bene, parla".
"Io?"
.
[Michele Riondino e Isabella Ragonese]

Novembre 1999: Camilla (Isabella Ragonese), diciannovenne di campagna, arriva in vaporetto a Venezia per il suo primo anno di università. Si è trasferita in un appartamento a Sant'Andrea, una delle isolette della laguna e, sul suo stesso vaporetto, ha conosciuto un suo coetaneo, Silvestro (Michele Riondino), che le ha subito chiesto ospitalità per la notte in attesa di trovarsi una sistemazione. Anche lui, sebbene non abbia ancora le idee molto chiare, è a Venezia per studiare: "Volevo fare qualcosa di bello: non lo so, forse botanica, anche se non so se sta qui a Venezia, oppure mi piaceva Lingue orientali... Sai, giapponese... matematica... matematica giapponese". Sembrerebbe amore a prima vista. E invece...
Dicembre 2000: si incontrano casualmente a una festa nella casa che Silvestro divide con i suoi amici Simone (Glen Blackhall) e Ermanno (Luca Avagliano). Lui è fidanzato con Liuba (Liuba Zaizeva), amica di Camilla; lei, invece, si è gettata a capofitto negli studi di letteratura russa.
Febbraio 2002: un incidente in barca li avvicina nuovamente. Camilla ha vinto una borsa di studio ed è in partenza per Mosca, Silvestro sta ancora insieme a Liuba: trascorrono finalmente, però, una notte intera a parlare a cuore aperto. Nasce un'amicizia profonda, tanto che, quando Camilla parte per la Russia, rimangono in contatto: si scrivono, mese dopo mese, raccontandosi le proprie esperienze. La storia tra Silvestro e Liuba è finita e lui, prossimo alla laurea, vive provvisoriamente nell'appartamento di Camilla.
Gennaio 2003: Silvestro, fresco di laurea (con una tesi sulle curiosità riproduttive delle chiocciole), ha intenzione di rivedere Camilla, che invece non si decide a tornare. La raggiunge a Mosca, dove scopre il motivo del prolungamento della sua assenza: ha tralasciato l'università per dedicarsi al teatro e, soprattutto, ha una relazione con un uomo, il regista Fjodor (Sergei Zhigunov), con cui convive da qualche mese. Silvestro, deluso tanto quanto, a suo tempo, Camilla nello scoprire la sua liaison con l'amica Liuba, riparte mestamente per Venezia.
Febbraio 2004: Camilla è tornata a Venezia. È venuta per laurearsi: si è lasciata, infatti, con Fjodor e ora divide di nuovo casa con Silvestro. Ma proprio la sera che avrebbe dovuto festeggiare la sua laurea insieme a Silvestro e agli amici, Fjodor piomba a Venezia a implorarla di tornare insieme a lui. Camilla, però, non è più innamorata e rifiuta, ma poi torna a casa e scopre che Silvestro è stato a letto con una ragazza durante la notte di bagordi con gli amici.
Gennaio 2005: Camilla e Silvestro non abitano più insieme e neanche si frequentano. Un lampo di sorpresa misto alla malinconia illumina i loro sguardi quando si incontrano casualmente al mercato: ma non si parlano e fingono entrambi di non essersi accorti l'uno dell'altro.
Febbraio 2006: di nuovo in Russia, questa volta insieme, a festeggiare il matrimonio di Liuba. Sono entrambi fidanzati: Silvestro con Clara (Alice Torriani), avvocato con la passione per la scherma e Camilla con il loro amico Simone, prossimo alla specializzazione in psichiatria infantile. E c'è di più: Camilla, infatti, è incinta. Silvestro, sconvolto dalla notizia, si lascia andare a una patetica scenata di gelosia e perde tutto: amore, amicizia, rispetto.
Gennaio 2007: il rapporto tra Simone e Camilla è naufragato. Hanno una figlia, ma Camilla è tornata a vivere col padre. Silvestro, che ora lavora in un teatro sperimentale per bambini, corre a trovarla: in pochi, intensi momenti riscoprono l'intimità e la confidenza del passato, passeggiano, si abbracciano, finalmente si baciano.
Gennaio 2008: l'alba, una piazza di Venezia. Camilla e Silvestro si sfiorano senza incontrarsi...
Marzo 2009: Camilla vive ancora con suo padre, mentre la figlia è stata affidata a Simone. Ancora casualmente si imbatte in Silvestro: durante le ore che trascorrono insieme passeggiano per la città, tornano nella vecchia casa di Camilla, dove chiariscono gli ultimi dissapori e vincono definitivamente ogni paura di amarsi.

Anno dopo anno, quindi, per dieci inverni (anzi, nove inverni e un autunno, visto che la didascalia iniziale recita "Novembre 1999"...), nella vita di due giovani studenti universitari, fotografando le evoluzioni dei sentimenti che li uniscono in istantanee di pochi attimi, ore, giorni, mesi: il richiamo, immediato, va a Un amore di Gianluca Maria Tavarelli, girato proprio in quel 1999 da cui prende le mosse la vicenda del film di Mieli, "ma se proprio bisogna fare un paragone, i miei riferimenti sono Harry ti presento Sally o Io e Annie di Woody Allen", spiegherà, poi, lo stesso regista. Nelle sue parole, la genesi del film: "Dieci inverni è nato durante il mio secondo anno al Centro Sperimentale, quando Carlo Brancaleoni venne per chiedere se tra gli allievi c'erano delle persone che potevano proporre dei soggetti per fare un lungometraggio prodotto dal Centro Sperimentale e Rai Cinema. È stato scelto Dieci inverni e abbiamo cominciato a lavorarci per un lungo lasso di tempo. Il film è nato in modo un po' strano perché all'inizio doveva essere un saggio di diploma, un po' più di un esercizio, e si è poi trasformato in qualcosa di grande, una co-produzione con un paese lontano come la Russia, girato in gran parte a Venezia che è un posto caro e complesso, con attori e alcuni tecnici noti e apprezzati, finendo per trasformarsi così in un film vero e proprio. La vicenda racconta qualcosa di cui non si parla molto al cinema: un sentimento che si protrae spesso per tanti anni tra due persone che hanno un legame che però non riescono mai a concretizzare. Ci tenevo a fare un film sul tempo che passa, su quanto si cambia da un anno all'altro, e mentre lavoravo su questa cosa con Isabella Aguilar, non solo sceneggiatrice, ci siamo accorti che ci conoscevamo da dieci anni e che avevamo avuto per tutto questo tempo tutti i vari tipi di rapporto fuorché quello e l'unione di queste due cose ha portato alla nascita di questa storia, che non è autobiografica ma che prende senz'altro qualcosa da lì".
Tratto dall'omonimo soggetto di Valerio Mieli e Isabella Aguilar, finalista dell'edizione 2007 del premio Solinas - Storie per il cinema, dagli stessi autori insieme a Davide Lantieri e con la supervisione di Federica Pontremoli e Aleksandr Lebedev, Dieci inverni costituisce senza dubbio uno tra gli esordi più promettenti del cinema italiano di questi ultimi anni e una godibilissima commedia sentimentale, abilmente orchestrata sulla suggestiva struttura temporale del racconto e sulla freschezza dei due giovani protagonisti (con un plauso per una misurata e convincente Isabella Ragonese). Il Mieli sceneggiatore, però, "straccia" il Mieli regista: è la raffinatezza della scrittura, infatti, a distinguersi rispetto alle scelte della messinscena, orientate sulla morbidezza dei colori (con la fotografia di Marco Onorato ad ammantare di luci calde il gelo e il grigiore dell'inverno), la delicatezza di toni e atmosfere, la leggerezza dello sguardo, ma anche su un'artificiosità cartolinesca, spacciata per realistica quotidianità, che finisce con l'edulcorare eccessivamente guizzi, umori e vitalità dello script, trasformando (involontariamente) il film in un luccicante spot per i mercati internazionali. Dieci inverni resta, comunque, un film riuscito e merita senz'altro più di un sorriso di approvazione: perchè ha movenze aggraziate, incisività, capacità di coinvolgere, traducendo fascinosamente sullo schermo l'affetto dell'autore per i suoi personaggi. Ma, allo stesso tempo, non sorprende, non scava sottopelle, non "vibra", finendo per lasciarsi amare soltanto perchè solletica ricordi più o meno felici, stimola immedesimazioni e si muove con grazia intorno alle sorti di un amore tormentato e struggente, riuscendo a tenersi debitamente a distanza da enfasi e banalità. Un giovane autore, Mieli, da attendere sicuramente al varco dell'opera seconda.

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