Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Luciano Baietti (De Sica), losco faccendiere romano, sposa la svampitissima Fiamma (Morante) e nel giorno stesso delle nozze la abbandona dopo averle fatto firmare alcune carte in cui la donna intesta i propri appartamenti all'immobiliarista. Otto anni più tardi, a seguito di una serie di spregiudicate avventure finanziarie, Luciano torna a farsi vivo con il figlio più piccolo (Nocella), beota e ingenuo quanto la madre, per fargli fare da prestanome e salvarlo dall'ennesimo crack finanziario.
Dopo il papà (di Giovanna), passando per gli amici (del bar Margherita), Pupi Avati approda al figlio (più piccolo) continuando a rimanere entro il perimetro del cinema due camere e tinello in un ambito tutto provinciale. Lo spunto di partenza era meno corrivo di quello dei film immediatamente precedenti: un ritratto di uno dei tanti "furbetti del quartierino" capace di arricchirsi e indebitarsi rigorosamente alle spalle degli altri. Peccato che l'escursione nel mondo della finanza risulti abborracciato, i personaggi che fanno da contorno al protagonista a dir poco naif e il plot narrativo traballante. Al cinema di Avati giova però quell'aria di famiglia nella quale gli attori danno spesso la sensazione di sentirsi a proprio agio, sfoderando - come in questo caso - prove eccellenti come quella di De Sica e Zingaretti o raccogliendo l'occasione per l'ultimo ingresso alla fiera della rottamazione, come per una Sydne Rome di inquietante bruttezza.
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