Regia di Kôji Shiraishi vedi scheda film
Proibito nel Regno Unito, censurato negli Stati Uniti, questo Gurutesuku (Grotesque) di Koji Shiraishi non si discosta molto da analoghi prodotti di macelleria made in Usa (la serie Saw, uno peggio dell’altro, tranne il notevole primo del lotto) o francesi (Martyrs, Frontiers), ma se i modelli “tengono” per plot e suspense, il film giapponese si limita a una sequela di torture, amputazione di arti, dita che diventano chicchi di collane da appendere al collo di una coppia di sfortunati giovani amanti, per una durata infinita e annoiante di ottanta minuti, senza mai offrire allo spettatore ciò che il termine “grottesco” promette. Non c’è bisogno di correre alla radice del termine da Hoffman a Poe per capire che qui grottesco è solo il regista: non basta una cantina degli orrori per tenere desta l’attenzione del malcapitato, non è sufficiente ricorrere a trucchi banali o a catini di sangue per far correre brividi lungo la schiena; senza dire della trama inesistente e del sadismo conscio di un altro butcher-director a convincerci che è arrivata la new wave dell’horror. Tutto risaputo, sopra le righe ed esibito con la supponenza di un De Sade di periferia del genere horror. Per fare paura bastano due minuti di Carpenter, per fare schifo bastano trenta secondi di Shiraishi.
Ah, la trama!
Un non ben identificato sadico, armato di martello, tramortisce una coppia appartata in un vicolo che sbriga faccende di sesso. Un colpo di martello e tosto i due si trovano legati e crocifissi in balia del turpe individuo che, affetto da impotenza, chiede ai due di eccitarlo: se ci riusciranno, li lascerà andare via, altrimenti moriranno tra atroci sofferenze. Ma l’uomo ce ne vuole perché si ecciti, e per non farla lunga, – arnesi chirurgici pronti e sterilizzati – masturba la ragazza, quindi il ragazzo che nel frattempo (è assurdo!) si è eccitato. Ma è ancora presto, e il membro floscio del rude macellaio non si solleva dal torpore. Avverte un segno di blanda erezione solo quando tronca di netto le dita del ragazzo e poi della ragazza, ne fa delle collane chicco-digitali, ma l’erezione non è completa, non ci sono cazzi (è il caso di dire) che il coso si inturgidisca. Conclusione: cava un occhio al giovane con un cucchiaio e, finalmente, dice, “mi avete eccitato, vi lascio liberi”.
Costui, scopriamo ciò che abbiamo capito da un pezzo, è un chirurgo pazzo. Messi a posto i due ragazzi, cuciti gli arti, infilato l’occhio nella cavità, fa loro un bel discorso sulla felicità che ha conquistato così faticosamente, tanto che le vittime sembrano commuoversi per quel sentimento post-disumano.
Ma l’orrore è in agguato, perché, parlando parlando, il chirurgo cambia parere:
“Non potete andarvene”, dice come se fosse la cosa più normale del mondo, “dovete eccitarmi di nuovo.”.
Un bell’esempio di cinema palindromo del piffero.
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