Regia di Juan Josè Campanella vedi scheda film
A Buenos Aires un funzionario di polizia in pensione scrive un romanzo ispirato a un caso del lontano 1974: una giovane donna era stata violentata e uccisa, ma l’assassino era stato scarcerato dopo aver iniziato a collaborare con il regime militare. Film intrigantissimo, perché per quasi tutto il tempo non si capisce dove voglia andare a parare: i lunghi flashback raccontano un’indagine punteggiata da episodi inaspettatamente comici (grazie al maldestro assistente del protagonista), raccontano un amore sottilmente ricambiato ma rimasto inespresso, però si intuisce che c’è dell’altro. In una situazione simile era facile deludere; invece lo sconvolgente finale, da non rivelare assolutamente (e lasciamo perdere la verosimiglianza), soddisfa in pieno le attese e ha per contrasto un effetto catartico che prepara l’ultima scena, sommessamente liberatoria. Una lettura politica (l’invito a non restare prigionieri dei propri fantasmi, a chiudere i conti con gli orrori del recente passato argentino) è ammissibile, anzi chiaramente suggerita, ma trovo che la storia funzionerebbe anche senza sottotesti; in ogni caso preferisco certe incursioni metaforiche ai film di denuncia troppo espliciti, alla Bechis.
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