Regia di Juan Josè Campanella vedi scheda film
Ispirato al romanzo La pregunta de sus ojos, dello scrittore E. Sacheri (che lo ha sceneggiato insieme al regista), ha ottenuto l'Oscar come Miglior Film in lingua non americana nel 2010, anno in cui gli furono assegnati anche due premi Goya, e altri riconoscimenti internazionali.
Il film racconta due impossibili e dolorose storie d’amore: quella di Ricardo (Pablo Rago), uomo che ha mantenuto nel tempo la fedeltà alla memoria della moglie Liliana (Carla Quevedo) – stuprata e assassinata vent’anni prima – e quella di Benjamin (Ricardo Darin), funzionario investigativo del tribunale di Buenos Ayres, che, vent’anni prima, era stato incaricato di risolvere il caso dell’efferato delitto e si era segretamente innanmorato di Irene (Soledad Villamil), affascinante giovane donna in carriera, nominata da poco suo capufficio.
Fra loro, in realtà, nessuna storia era nata, nonostante l’attrazione che vanamente cercavano di nascondere, ciò che rimane, a mio avviso, un mistero poco spiegabile del film, essendo i due non solo visibilmente attratti, ma anche dotati dell’intelligenza necessaria a superare gli ostacoli e i pregiudizi che avrebbero potuto nascere per la diversità delle rispettive origini familiari.
L’altro mistero, invece, quello dell’identità dello stupratore assassino, sarebbe stato presto chiarito, grazie all’abilità investigativa di Benjamin, del suo aiutante, ma grazie soprattutto all’intuito femminile di Irene, che aveva condotto nei confronti del sospettato Gomez (Javier Godino) un interrogatorio spregiudicato e molto audace, scommettendo sull’orgoglio sessuale esibizionistico del feroce assassino.
A vent’anni dai fatti, Benjamin ormai in pensione, nel tentativo di chiarire in un romanzo gli aspetti oscuri di quel delitto, e dell'evasione di Gomez dal carcere, riesce a ricostruire l’intera storia anche incontrando molti di coloro che ne erano stati coinvolti direttamente – come Ricardo, il vedovo di Liliana – o indirettamente – come Irene che insieme a lui aveva risolto quel caso.
Vent’anni dopo, tutto era mutato in Argentina: allora la dittatura militare stava per imporre la sua ferocia al paese; molti magistrati si erano messi al suo servizio e molti dei delinquenti più sadici e feroci - Gomez compreso - erano stati liberati per mettere insieme i famigerati squadroni della morte.
Ora, chiusa quella terribile fase della storia argentina, erano rimasti gli amori impossibili e la sete di giustizia che lo stato, al termine della dittatura, non aveva voluto assicurare.
Il film intreccia, come si vede, molte tracce narrative, sullo sfondo della tragedia storica della dittatura militare argentina: la storia di Liliana, la storia dell’amore silenzioso fra Benjamin e Irene, nonché quella di chi vorrebbe giustizia, senza ottenerla, come Ricardo, il vedovo, che avrebbe perciò messo in atto la sua implacabile vendetta.
Del finale ovviamente non parlerò: mi limito a ricordare che qualcuno, all’uscita del film, aveva sottolineato le suggestioni alla Dürrenmatt dell’intero racconto, che avviandosi cupamente alla conclusione, diventano più evidenti, in contraddizione con il carattere melodrammatico dell'opera nel suo insieme.
L’impressione complessiva è quella di un lavoro ricco di spunti interessanti, di alcune scene bellissime e indimenticabili, spia dell’ottimo e raffinato mestiere del regista, che sembra prediligere ai temi storico-politici, sviluppati soprattutto nel vissuto individuale dei protagonisti, il melodramma amoroso, ciò che ne fa un film affascinante, certamente di qualità, da cui ci si aspetterebbe di più.
Bravissimi gli attori: Ricardo Darin sopra tutti gli altri.
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