Regia di Juan Josè Campanella vedi scheda film
"Lei mi disse ergastolo...".
[Pablo Rago a Ricardo Darìn]
Buenos Aires: Benjamìn Espòsito (Ricardo Darìn) è un vicecancelliere in pensione del Palazzo di Giustizia ossessionato da un vecchio caso di stupro ed omicidio di oltre vent'anni prima ed intenzionato a raccontarne la vicenda in un romanzo. La vittima si chiamava Liliana Coloto (Carla Quevedo), 23 anni, insegnante, sposata con Ricardo Morales (Pablo Rago), impiegato del Banco Nacìon. Del crimine, avvenuto il 21 giugno 1974, vennero ingiustamente accusati due muratori, che Espòsito scagionò subito. Sospettava, invece, di Isidoro Gòmez (Javier Godino), un amico di gioventù di Liliana, semplicemente per averne colto, immortalati sulle vecchie fotografie di famiglia di Morales, gli sguardi ambigui che rivolgeva alla ragazza. Espòsito rievoca la vicenda annotando i ricordi e le sensazioni che riemergono nella sua mente, ne discute con la sua collega di quei giorni, l'affascinante Irene Menéndez Hastings (Soledad Villamil), cancelliera del tribunale:
"Non avevi più parlato di questo caso, perchè adesso?".
"Perchè mi sono distratto per più di vent'anni: i tribunali, i casi, gli amici, le cazzate, un matrimonio, vari...affairs. Mi distraevo. Ed ora che sono in pensione non ho niente che mi distragga: l'altra sera ero a cena a due passi da casa e mi sono visto che cenavo, solo... E non mi sono piaciuto. So che a te non succede, non pretendo che tu mi capisca, ma che mi creda. E se cerco di trovare i motivi, i momenti, tutto, assolutamente tutto, mi porta a Morales".
Morales che, ricorda Espòsito, vanificò i suoi progressi per far luce sulla vicenda e mandò all'aria le indagini causando la fuga improvvisa di Gòmez. Ma se i giudici furono costretti a chiudere il caso, Morales non smise mai di cercare l'assassino: ogni giorno, infatti, dopo il lavoro, trascorreva il resto della giornata nelle stazioni ferroviarie della città con la speranza, prima o poi, di incontrare Gòmez. Espòsito, spalleggiato dall'amico e collega Pablo Sandoval (Guillermo Francella), con cui conduceva le indagini, convinse Irene a riaprire il caso ("Mi state proponendo di distruggere un documento pubblico che reca la mia firma e quella del giudice, falsificare i decreti, oltretutto con una data falsa, per far sembrare che il caso sia ancora aperto?") e, grazie ad una provvidenziale illuminazione di Pablo, riuscì finalmente a catturarlo. Gòmez confessò il suo crimine ma, nonostante la condanna, venne scarcerato perchè, nel frattempo, aveva iniziato a collaborare con il governo diventando un agente infiltrato antiguerriglieri. E non solo: per Espòsito, infatti, giunse un altro colpo tremendo, la morte di Pablo, assassinato in circostanze misteriose e, probabilmente, al suo posto. Fu costretto a piantare tutto e ad abbandonare Buenos Aires, il suo incarico ed anche l’amore di Irene. Ora che, però, il ricordo della vicenda, sollecitato dalla voglia di scriverne una versione romanzata, gli ha risvegliato la coscienza ed il desiderio di giustizia, Espòsito decide di scoprire, a venticinque anni di distanza, che fine abbia fatto Gòmez…
Premiato (esageratamente, ma non è senz'altro una colpa...) con l'Oscar per il miglior film straniero, Il segreto dei suoi occhi, tratto dallo stesso regista, qui anche montatore, Juan José Campanella (Il figlio della sposa e Luna de Avellaneda tra i suoi titoli più celebri, ma autore anche di molti episodi per serie tv come Dr. House e Law & Order) dal romanzo La pregunta de sus ojos di Eduardo Sacheri (che collabora anche alla stesura dello script), è un thriller suggestivo e raffinato, è la cronaca struggente di un amore impossibile, è un'elegiaca meditazione sul trascorrere del tempo e sui fantasmi del passato, è una profonda, sofferta, travolgente storia di vendetta, è un'accorata e tagliente esplorazione del senso di giustizia di un uomo (e, di riflesso, di un'intera nazione, che proprio in quegli anni si preparava a vivere il dramma del golpe militare e degli orrori dei desaparecidos) ed è, infine, uno sguardo malinconico sull'elaborazione della sofferenza. Incorniciato dalla magnifica fotografia di Félix Monti, scandito drammaturgicamente dagli incastri temporali dei flashback con la vicenda principale, Il segreto dei suoi occhi rivela sin dalla sua apertura il proprio fascino, tratteggiando con efficacissimi dettagli la disperazione del protagonista (un superbo Ricardo Darìn, già con Campanella nei precedenti El mismo amor, la misma lluvia, Il figlio della sposa e Luna de Avellaneda), immerso in una realtà di solitudine e desolazione umana, un corpo estraneo al presente perchè distratto dal peso ingombrante di un passato riemerso tra le pieghe della memoria e le ferite della coscienza, un uomo perduto e sconfitto che non ha, però, smarrito la propria rettitudine morale e la ritrova, calpestata ed umiliata ma ancora viva e vegeta, dentro se stesso e che proprio da lì, dal suo senso di giustizia, troverà la forza di ripartire e rimettersi in gioco. La rievocazione del passato diviene torbido profluvio di ricordi dolenti, che dai recessi della mente si animano ed illuminano volti, sguardi, cuori: è l'identico percorso compiuto dall'affascinante Irene (Soledad Villamil, che torna a lavorare con Campanella e lo stesso Darìn dopo El mismo amor, la misma lluvia), che giungerà, sollecitata da Espòsito, a riscoprire (e a ritrovare immutati), quei sentimenti che fu costretta a soffocare di fronte ai drammatici eventi vissuti venticinque anni prima. La macchina da presa di Campanella, partendo dagli spazi chiusi e polverosi, assediati dalle scartoffie, degli uffici del Palazzo di Giustizia, accompagna questi eroi del passato che tornano protagonisti del proprio presente seguendone le investigazioni, le intime crisi di coscienza, le improvvise ed inaspettate intuizioni per giungere alla soluzione del caso (come in una memorabile sequenza con protagonista Guillermo Francella, ovvero il "coglione ubriaco" Pablo Sandoval, fidato amico e collega di Espòsito, a cui lo script, nonostante il drammatico destino che lo attende, affida i guizzi più ironici). Un noir d'atmosfera? Campanella rigetta la definizione ("Non lo considero un film noir: il "piatto forte", le forze motrici di questo film sono un amore non dichiarato durato anni, la frustrazione ed il vuoto percepito dai personaggi principali. Il genere noir è solo il vassoio sul quale viene servita la pietanza principale"), anche perchè inscrivere necessariamente Il segreto dei suoi occhi in un genere cinematografico ben preciso, risulta, alla fin fine, un'operazione impossibile da articolare con coerenza, viste le innumerevoli suggestioni trasmesse da quest'opera coinvolgente, riuscita, di vibrante intensità emotiva, che procede dimessa alternando all'andamento sornione della detective story le improvvise impennate romantiche del melò, esplorando dolore, morte, sofferenza, ricordi ed evocando la corruzione del potere con le metaforiche avvisaglie degli orrori che devasteranno il paese. E con una pagina di memorabile virtuosismo spettacolare, il piano sequenza mozzafiato allo stadio, animato da una macchina da presa "volante", che dal cielo sorvola il campo di gioco, sale verso gli spalti e si immerge tra la folla, volteggia sfrenata inseguendo l'assassino senza più mollarlo, scende giù per le scalinate e lungo i corridoi d'uscita, entra ed esce dai bagni, salta con lui nel vuoto e poi torna, finalmente "sazia", sul terreno di gioco, il leggendario Tomàs Adolfo Ducò, l'arena infuocata dell'Huracàn, che trema e ribolle sotto i colpi furenti degli attaccanti del Racing Club de Avellaneda.
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