Regia di Anthony DiBlasi vedi scheda film
C'era una volta il terribile racconto "Dread" di Clive Barker, inserito nella raccolta "Book of blood" assieme ad altri capolavori, come "Macelleria mobile di mezzanotte"(da cui è tratto il bel "Prossima fermata: l'inferno") o "Nei paesi, le città". In questa piccola opera di genio, uno psicopatico ossessionato dalla paura(in realtà da un suo sogno ricorrente) finisce col ricorrere a metodi estremi e pericolosi per superarla, che però finiscono paradossalmente col dare forma fisica al suo incubo peggiore...una storia angosciante nella sua semplicità, in cui i protagonisti e le loro paure sono estremamente elementari, e non connesse con traumi infantili(come invece nel film di DiBlasi), ed in cui proprio l'irrazionalità del terrore che li attanaglia, ed il fatto che infine sempre irrazionalmente tale terrore li "distrugga" ha un potere di suggestione orrorifica maggiore rispetto al "troppo mostrato/troppo spiegato"della versione cinematografia.
DiBlasi dirige un bellissimo inizio, psicologico e potente, con attori che recitano al di sopra della media dei prodotti di genere, ma poi comincia a "spiegare" troppo, e cambiare lo spirito originario del racconto di Barker, cosa che forse avrebbe potuto permettersi con un'idea originale, ma non col piatto ed insulso epilogo che ci propone, con inserimenti di personaggi che appesantiscono la narrazione(il sordo folle qui non è Stephen), sadismi aggiuntivi che sembrano uscire da un horror/splatter moderno alla "Saw" che appiattiscono ed infine annullano l'angosciante e suggestiva "concretizzazione della nemesi" dell'opera di Barker. I personaggi principali, l'inquietante Quaid(bravissimo Evans) e Stephen perdono i loro ruoli ed il loro significato, e per quanto l'idea di dar loro maggior spessore psicologico(nella storia di Barker, come già detto, il loro terrore è molto più irrazionale, soprattutto quello di Quaid, che non ha mai visto uccidere i suoi genitori) fosse buona, ed in qualche modo arricchisse lo spunto originario(è infatti più logico che uno psicopatico ossessionato sia il frutto di un grosso trauma, che di un sogno ricorrente), DiBlasi non è in grado di gestirla, e la banalizza. Quaid, il pazzo che ucciderebbe per sconfiggere il suo terrore senza scampo, qui agisce seguendo una sorta di filosofia alla "Batman" di Nolan in negativo: per sconfiggere la sua paura, si trasforma lui stesso nella propria paura, mentre il povero Stephen perde qualunque significato narrativo importante. Particolare, tuttavia, è il fatto che Quaid sia uno dei primi "cattivi" che superano il proprio conflitto interiore...una sorta di "educazione malvagia" per psicopatici in boccio, in cui alla fine-libero dal mostro dell'ascia e dalla paura della morte in un colpo solo- il nostro "eroe oscuro" si prepara a tormentare tutti quelli che possono nutrire il suo sadico piacere nell'assistere alla paura altrui(ciò che è diventato trasformandosi nel suo incubo peggiore).
La sensazione finale è di aver visto qualcosa di vagamente minaccioso, che ti lascia un po' turbato, come se a tutti gli effetti avessi cominciato ad intravedere "la bestia" di cui parla Quaid sia nel racconto che nel film, e che non si dovrebbe mai aspettare troppo ad affrontare, perché potrebbe diventare troppo orribile e mostruosa. Il sottile senso di paura generato da DiBlasi, per quanto non paragonabile all'angoscioso senso di ironia agghiacciante del racconto di Barker, in cui la "bestia" di Quaid sorge per sua stessa mano(lo Stephen pagliaccio che infine si manifesta oltrepassando il sogno è una creatura delle paure di Quaid e del suo inconscio) è comunque sufficiente per farci sentire a disagio. Scossi da qualcosa che infastidisce e ti perseguita per qualche ora dopo la visione. Più che sufficiente da meritare il disturbo.
Al di sopra della media gli attori: Jackson Rathbone si riconferma un volto interessante(forse l'unico attore della saga di Twilight davvero meritevole, oltre al bravissimo Sheen), mentre il semi-sconosciuto Shaun Evans inquieta e coinvolge non poco.
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