Regia di Vincent Patar, Stéphane Aubier vedi scheda film
Ammetto di essere stato molto incuriosito da questa produzione proveniente dall'area francofona, ne avevo letto cose buone e la critica ne parlava come qualcosa di diverso dal solito. Bene, been there, done that, got the t-shirt. E non pensiamoci più.
L'unico grande pregio di questo lungometraggio è la scelta sul tipo di animazione da usare nel progetto, il film è infatti interamente recitato da veri giocattoli, i protagonisti sono un cowboy e un indiano molto somiglianti a quelli che si compravano al mare nelle buste trasparenti, quelli in plastica, colorati, con il piedistallo verde alla base per tenerli in piedi. Insieme a loro, a condivedere l'appartamento c'è Cavallo, che ovviamente è il giocattolo di un cavallo. Ah, l'indiano si chiama Indiano e il cowboy Cowboy.
La vicenda è ambientata in un piccolo villaggio (due abitazioni, un laghetto, un posto di polizia) sito in un mondo molto fantasioso dove i cavalli convivono con gli umani, guidano l'auto, dove ci sono mondi sotterranei sotto i laghetti ed esistono scuole di musica per animali, dove non è impossibile ritrovarsi al polo all'interno di un pinguino robotico.
Altamente anarchico e infarcito d'insensatezza il film procede con un ritmo serrato e vorticoso da una situazione strampalata all'altra per le quali lo spunto iniziale è il seguente: è il compleanno di Cavallo e i suoi coinquilini Indiano e Cowboy vogliono fargli un regalo. Per non affidarsi al solito copricapo, Indiano decide di costruire a Cavallo un barbecue (?). Non chiedetevi perché a un cavallo dovrebbe far piacere ricevere in regalo un barbecue, non è proprio il caso. Nell'ordinare i mattoni per la costruzione del regalo i due combinano un casino a causa del quale riceveranno migliaia e migliaia di mattoni. Da qui ci sarà un'escalation di disastri e disavventure disordinate tra le quali troveranno posto l'amore di Cavallo per l'insegnante di musica (una cavalla), distruzioni assortite, gite in scenari quantomeno esotici, strane creature, furti e altre distruzioni. Tutto nel caos più assoluto. Vale la pena ricordare che il doppiaggio italiano non aiuta, almeno un paio di vocine suscitano una irritazione tale da provocare sogni d'asportazioni chirurgiche di corde vocali. Lieve moralina edificante.
Alcune situazioni divertenti ci sono, due risate questo Panico al villaggio te le fa anche fare. L'animazione è... beh, originale davvero, il lavoro fatto è quantomeno interessante e ben riuscito. In misura complessiva la mia curiosità era un poco mal riposta, insomma, come già detto, been there, done that, got the t-shirt. T-shirt che tra l'altro penso non indosserò mai.
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