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Splice

Regia di Vincenzo Natali vedi scheda film

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La recensione su Splice

di mc 5
10 stelle

Come è consuetudine ogni anno ad agosto vengono programmate nelle multisale le cosiddette "avamprime", vale a dire tre o quattro pellicole proiettate per una sola serata con qualche giorno di anticipo sulla data ufficiale di uscita, e che rappresentano un assaggio di ciò che  la programmazione autunnale ci riserverà. Quest'anno le pellicole prescelte non è che siano il massimo in quanto a qualità, o meglio una sola delle tre riveste per il cinefilo qualche motivo di interesse. Mi riferisco a "Splice", film di cui vado a parlare in chiave critica, prodotto sicuramente intrigante. Su "Karate Kid" stenderei un velo a prescindere, dato che di simile rimasticatura non avvertivo affatto la necessità. Quanto poi a "Giustizia privata", già sento odore di orticaria (salvo verifica-visione del film): finchè un revenge movie si limita a giocare con la pura action tutto ok, ma in me aleggia sempre il timore che si sconfini nell'ideologia fascioleghista dei giustizieri della notte, del pomeriggio e del mezzogiorno ("Io vi troverò"  tristemente docet). Questo regista canadese, Vincenzo Natali, si era segnalato per un'opera prima, "The cube", di cui tutti dicono meraviglie, ma che io, lo confesso, non ho mai visto. E allora, posto che il mio giudizio si deve per forza limitare a questo suo recente lavoro, esso non può che essere largamente positivo. Il genere horror mi ha sempre sedotto, e ogni volta che posso lo frequento con piacere, fermo restando che esso sta da tempo attraversando un periodo di crisi creativa. Ogni tanto escono pellicole spiazzanti e innovative come il caso di "Martyrs", ma per lo più si tratta di rielaborazioni (magari dignitose) di schemi già ampiamenti percorsi. Onestamente però è forse troppo pretendere l'originalità assoluta da un genere che ormai ha già dato e detto tutto, in tutti i sottofiloni possibili. E allora io credo che, abbandonate pretese troppo ambiziose, occorra almeno cercare, nei nuovi registi, un tocco di stile personale che ridesti l'interesse e che crei nuove emozioni, pur affrontando temi già percorsi da altri. Il primo nome che mi viene in mente è quello di Rob Zombie, il quale rievoca un horror che più vecchio non si può ma caricandolo di una follia visionaria impressionante che attinge perfino a suggestioni western. E in questo senso, Natali con "Splice" è riuscito a portare a casa un ottimo risultato. Il tema trattato è quello dell'uomo che manipola la scienza nell'antico desiderio creare un essere perfetto benchè mostruoso (proiettando su di esso tutte le proprie frustrazioni e debolezze). Un tema che evoca con grande potenza un nome su tutti, quello di "Frankenstein". Dunque possiamo immaginare tutto il campionario di risvolti etici che questo discorso implica e tutte le riflessioni che esso impone, coinvolgendo temi attualissimi quali la bioetica e le clonazioni. Il pregio sta nello stile, per buona parte del film sorprendente, utilizzato da Natali. E nell'operazione di scavo psicologico che egli compie sulle personalità dei due protagonisti "umani" del film. E qui (anche se rinvìo l'approfondimento sul cast a qualche riga più avanti) va detto subito che un buon 70% dell'esito positivo del film lo dobbiamo alle straordinarie performance di Adrien Brody e (soprattutto) di Sarah Polley. Senza la loro duttilità d'attori avremmo visto un altro film. Bisogna dire che Natali riesce ad appassionare lo spettatore attraverso la chiave di un incedere davvero inquietante, che si concretizza in una vicenda dai risvolti "malati" (dalla bisessualità all'incesto), densa di un malessere che avvolge il pubblico conducendolo in un percorso "nero" e a tratti ansiogeno. Mi permetto una raccomandazione accorata a chi ancora non ha visto il film e ne avesse l'intenzione: evitate assolutamente di entrare a spettacolo già iniziato. Vi perdereste una delle cose più esaltanti, vale a dire dei titoli di testa di una bellezza davvero strepitosa: io, vedendoli scorrere, sottolineati da una musica sapiente, ho provato uno di quei "brividi cinefili" che di questi tempi sono merce assai rara, evocando una tradizione oramai in disuso, legata ad una stagione lontana in cui confezionare i titoli di testa era un'arte raffinatissima, da autentici Maestri del cinema. Dunque, diciamo pure che Natali parte col piede giusto ancor prima che lo spettacolo sia iniziato. La vicenda è tutto sommato piuttosto semplice, ripetendo uno schema narrativo già noto e in gran parte prevedibile nel suo evolversi. Tuttavia, come prima accennavo, soprattutto nel genere horror così popolato da meccanismi ricorrenti, l'attenzione la dobbiamo concentrare più sul "COME" che sul "COSA". Interessanti e credibili i due protagonisti, una simpatica ed affabile coppia nerd di giovani scienziati genetici. Essi hanno in mente progetti rivoluzionari per il genere umano, basati sulla creazione in laboratorio di una creatura dalle caratteristiche portentose che addirittura potrebbero supportare la cura di gravi malattie umane. Ovvio a questo punto, direi scontato, che tra i due ragazzi e i loro committenti sorgeranno attriti e contrasti insanabili per le divergenti posizioni circa la futura destinazione delle risorse generate dalla "creatura". Natali mette giustamente al centro questi aspetti morali e nonostante l'ombra del riferimento a Frankenstein, autorevole ma anche limitante, egli riesce ad evitare la trappola della retorica. Continuando nella storia, i due giovani scienziati danno forma ad una creatura che però va molto al di là di ciò che essi avevano pianificato, un "essere" che sintetizza molteplici aspetti, opposti e contrari, dalla mostruosità alla tenerezza, dall'aggressività rabbiosa alla vulnerabilità più dolce e, dettaglio non da poco, raccoglie anche le attitudini di entrambi i sessi, non proprio un ermafrodito, diciamo piuttosto un "mutante sessuale". A questo punto è evidente che l'aggettivo "inquietante" appare perfino banale per descrivere questa creatura dai meccanismi emotivi infantili ma anche complessi, insomma abbiamo a che fare con uno dei  FREAKS più efficaci della storia del cinema. E veniamo, finalmente, a questo determinante ed efficacissimo cast. Ma prima vorrei soffermarmi su un dettaglio fondamentale attinente lo staff produttivo, di cui fa parte un cineasta che adoro da tempi non sospetti: Guillermo Del Toro. Un uomo di cinema verso cui nutro una forma di devozione, avendone io sommamente amato in particolare una creatura cinematografica, quel "Labirinto del fauno" che campeggia tra i film di culto della mia vita. Egli appare qua solo in veste di produttore esecutivo, eppure mi pare di percepire "qualcosa" del suo gusto cinematografico, gusto che io condivido nella sua totalità. Delphine Chaneac è l'attrice francese che incarna questo incredibile "mostro" dalle sinuosità sexy. E lo fa in modo pazzesco, senza pronunciare una sola parola, ma affidandosi ad una mimica facciale straordinaria, come del resto le sue suggestive movenze. E fa un pò impressione, come è capitato a me, rivedere poi su youtube la stessa attrice nelle sue sembianze "terrestri", con una bella chioma di capelli neri. Ad Adrien Brody mi sento quasi come se gli dovessi delle scuse. Nella mia recente recensione di "Predators" l'ho quasi massacrato, gliene ho dette di tutti i colori. Acqua passata. In questo film è straordinario, in un ruolo che sembra gli abbiano cucito addosso. Diciamo che, dopo una serie di ruoli decisamente sbagliati, Brody ha finalmente imbroccato non solo il personaggio giusto, ma uno dei più riusciti della sua ormai lunga carriera. E infine una delle mie passioni di cinema più intense: Sarah Polley. Non ho parole per definire il rapporto che mi lega a questa trentunenne attrice canadese. Sarah non è solo "una brava attrice qualunque" e men che meno "una bella donna qualunque". E' una ragazza bassina, nient'affatto appariscente, dotata di un volto mobilissimo capace di esprimere con uguale intensità un'amplissima gamma di sfumature espressive, e con un naso lievemente irregolare che -se visto di profilo- ricorda quello celebre di Patti Smith. Il suo è un fascino non eclatante, quasi da "ragazza della porta accanto", arricchito da un sorriso intelligente che mi "stende" ogni volta che lo incrocio. Artisticamente Sarah è un piccolo fenomeno, che a mio avviso i critici hanno finora sottovalutato. Ad appena 31 anni, questa ragazza (sempre assai selettiva rispetto ai ruoli che le vengono proposti) ha lavorato con gente tipo Terry Gilliam, David Croneneberg, Atom Egoyan, Wim Wenders (scusate se è poco!!!). Ma non basta, lei è anche regista, sceneggiatrice e perfino cantante. Ha diretto Julie Christie nello struggente "Lontano da lei" (che le è valso la nomination all'Oscar per la miglior sceneggiatura). E con questo spudorato panegirico nei confronti di Sarah Polley, io ho concluso. Se volete vedere un film non banale e dotato di una trama inquietante che non vi permetterà di annoiarvi, accomodatevi.
Voto: 9 e 1/2

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