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The Young Victoria

Regia di Jean-Marc Vallée vedi scheda film

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La recensione su The Young Victoria

di Enrique
7 stelle

(Anche) Scorsese produce un film davvero ricco (in tutti I sensi) che non mancherà di coinvolgere gli amanti dei film in costume e quelli dei film storici. E forse anche coloro che vanno in cerca delle briciole di passione disseminate sul sentiero della nostra storia, più che di emozioni cerebrali, dettate dai riti dell’etichetta e della più consumata logica politica.

Un film ricco di atmosfere principesche, prima, e regali poi (Buckingham Palace fu inaugurato proprio dalla regina Victoria).

Un film ricco della grazia di sua maestà e di quella della brava attrice (Emily Blunt) che ha avuto il privilegio di interpretarne il ruolo.

 

Il film delinea, con tocchi leggeri e leggiadri, un quadro dalle tinte (complessivamente) ariose e rasserenanti (quando invece avrebbero potuto essere assai più fosche). Prevalgono, infatti, le buone ragioni del sentimento e quelle di una risolutezza docile (ma inflessibile), che traspare dal contegno della giovane protagonista e dagli occhi distesi della Blunt.

La complicità con la giovane “privilegiata” (ovvero, di riflesso, con la giovane Victoria) viene propiziata, con successo, già da subito proprio grazie al suo modo di fare (relativamente) semplice, alla sua indole solare, alla sua avversione composta per la prepotenza del sodale di sua madre (John Conroy, amministratore di Kensington Palace), altrettanto (quest’ultima) poco meritevole di stima.

 

La genealogia, infatti, non aiutò Victoria (o meglio: per molti versi la aiutò moltissimo, ma, al contempo, ebbe a rivendicare il proprio diritto di ingerenza nei suoi affari di cuore e di Corte), ma, d’altro canto, detta ostilità ha aiutato molto il film di Jean-Marc Vallée, il quale - nel prosieguo della descrizione delle (più o meno note) vicende prese ad oggetto (ovvero quelle relative all’ascesa al trono di Victoria ed al suo matrimonio) - ha proprio buon gioco nell’evidenziare come le doti umane e la buona apertura mentale della futura regina le abbiano fatto meritare la fama di seconda sovrana più illuminata della storia inglese. Ed ha consentito di non far scemare mai il coinvolgimento emotivo e l’affetto nutrito per cidesto popolare personaggio.

Peraltro non fu tutto rose e fiori neanche con l’amato maritino (il che - descritto, nella seconda parte del film, giusta un differente approccio di scrittura - appare come un inatteso cambio di registro), ma, alla fine, il ritratto che traspare della coppia (e della storia personale di lei) infonde un ampio senso di appagamento e di soddisfazione.

 

A tacere delle notevoli potenzialità intrinseche della storia, il film conquista praticamente su tutti i fronti (eccellente la fotografia, impeccabile la messinscena, da Oscar i costumi), ma un limite vistoso (per quanto poco incisivo) va ravvisato proprio nella rappresentazione della seconda parte dell’opera, quando, cioè, l’inesperienza della neo sovrana sembra trasmettersi, per osmosi, al regista (ed allo sceneggiatore). I livelli espressivi si fanno drasticamente volubili il che, in una con il contingentamento dei tempi imposto dalla sceneggiatura, è causa di talune contratture (e ciò comporta che non tutti i momenti topici vengano descritti con la medesima lucidità dimostrata nella prima parte).

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