Regia di Kevin Greutert vedi scheda film
Nella vita ci sono certezze indissolubili che sia nel bene come nel male con il loro ciclico ripetersi scevro da qualsiasi rinnovamento, tengono ancorato l'animo umano a terra preservandolo da pericolosi voli di fantasia, assurda tentazione alla fuga dalla realtà. Il campionato di calcio ad esempio, la dichiarazione dei redditi, la corrente del Golfo, l’ennesimo film di Woody Allen e appunto un nuovo episodio della saga di Saw.
Il sesto episodio torna là dove era finito il quinto con il detective Hoffman che guarda morire il suo collega che ha avuto la sfortuna di capire che egli è complice del serial killer Jigsaw-l’Enigmista. Che era morto un paio di episodi fa. E il suo posto era stato preso da l’assistente Amanda poi morta anch’essa. Mentre la moglie Jill, una rifattona bloccata nell’espressione inerte dei ritocchi plastici, aiuta il marito a mettere a punto il piano per l’eliminazione dei nemici di turno e la detective che indagava negli episodi precedenti ricompare dopo essere morta. Qui in effetti tornano un po’ tutti presentandosi di fronte alla telecamera con la sfrontatezza dei protagonisti delle soap opera più ostinate che risorgono da vicende impossibili sotto la guida voodoo di sceneggiature scritte senza alcun senso del ridicolo. E’ proprio questo l’elemento fondante il successo della saga della sega, l’assoluto affrancarsi da qualsiasi plausibilità narrativa confidando sull’innata sospensione dell’incredulità che i fan esercitano quasi in modo meccanico.
I personaggi si muovono in un liquido onirico diviso tra un presente fatto delle torture e delle trappole mortali del temibile Jigsaw e un passato evocato in frequenti flashback in cui si cerca di dare una spiegazione all’intera saga aggiungendo a dovere spiegazioni cervellotiche per inquadrare il folle piano del killer in un disegno sempre più vasto ed articolato. L’estetica è davvero quelle delle soap opera, quelle delle immagini paratelevisive dalla fotografia flou e dall’immobilismo della macchina da presa che si limita a inquadrare i volti degli attori mentre si costringono a credere a ciò che dicono. Salvo poi interrompere l’appassionante vicenda con fantasiosi omicidi organizzati in luoghi anonimi, fuori dal tempo e dallo spazio che richiamano ad un inferno post industriale in cui la meccanica complessa dell’omicidio concretizza in una sorta di meccano per bambini deviati un’idea di legge del contrappasso di dantesca memoria.
Jigsaw rende reale l’inferno sulla terra, in Saw VI non c’è più alcun legame con l’esterno , il luogo in cui si perpetrano le torture sembra appartenere ad un'altra dimensione nella quale capitano i malcapitati peccatori. Non esiste indagine, il sottile legame che legava le vicende dei rapimenti e delle torture ad un impianto poliziesco è tramontato, questo non è più torture porn se mai lo è stato ma è un affaire tra folli che dispensano una strana forma di giustizia privata, populista e feroce. Ironica a modo suo nel concentrare su un unico colpevole i mali e le colpe di molti, pornografia della rivalsa che ne punisce uno per non educarne nessuno catalizzatrice della rabbia impotente dell’uomo comune. Invece Jigsaw può, per questo funziona. Il cinema horror si è sempre nutrito delle tensioni sociali del momento concretizzandole in immagini mostruose per poi risolverle in una catarsi rassicurante e riallineata allo status quo esistente. Così in Saw 6, l’Enigmista alza il tiro. Se nei primi episodi si confrontava con una feccia di bassa qualità alla quale faceva notare come la vita fosse bella e preziosa mostrandone direttamente sui corpi l’esatto opposto, ora punta alla denuncia sociale massacrando i manovali istituzionali dei massimi sistemi economici, in questo caso i capi delle assicurazioni sanitarie. I veri mostri. E chi più di un malato terminale di cancro può essersi imbattuto in una assicurazione sanitaria farlocca? E’ più che curioso come questo episodio sia contemporaneo al tentativo di Barak Obama di fare approvare l’emendamento sull’estensione della copertura sanitaria agli strati più deboli della popolazione sfidando le lobby delle assicurazioni. Il pistolotto di John/Jigsaw sulle nefandezze delle assicurazioni è quanto di più retorico si sia mai visto su grande schermo. Neppure Michael Moore è mai arrivato a tanto. Forse in un prossimo episodio di Saw si scoprirà che Jigsaw in realtà è proprio Moore o addirittura Obama, chissà.
In ogni caso l’architettura delle trappole è sempre articolata e fantasiosa anche se il sangue non abbonda e più che sugli effettacci ci si concentra sulla divertente meccanica degli omicidi senza accusare alcun tipo di suspance, visto ormai il ritmico adagiarsi alla ripetizione sul modello Venerdì 13, Nightmare o Hellraiser. Tobin Bell ritorna a dare vita al suo fragile e morente personaggio, unico nel panorama dei film horror, in regia esordisce Kevin Greutert montatore dei precedenti episodi prendendo il posto di Darren Lynn Bousmann, mentre anche in questo caso nessuna chiusura viene offerta lasciando l’ennesimo finale aperto ad un imminente Saw 7. Con chi se la prenderà stavolta Jigsaw? Con gli ausiliari del traffico? Magari……
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