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Leningrad Cowboys Meet Moses

Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film

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La recensione su Leningrad Cowboys Meet Moses

di Peppe Comune
6 stelle

"Sono passati cinque anni da quando la peggior rock'n roll band del mondo lasciò la propria casa in Siberia per cercare il successo in America. Finirono in Messico e Vladimir, il loro manager dispotico, scomparve nel deserto. Il primo anno fu straordinario. Scalarono le classifiche, suonarono ai matrimoni e ai funerali e per poco non andarono addirittura in televisione. Poi in paradiso si insinuò una serpe sotto forma di Tequila. In pochi mesi la tremenda bavanda uccise molti membri della band e mise nei guai con la legge gli altri. I sopravvissuti dovettero ritirarsi in un luogo selvaggio, dove il loro pubblico era costituito da serpenti a sonagli e scorpioni". Questo recita la didascalia che precede l'inizio del film, a cui bisogna necessariamente aggiungere che Vladimir (Matti Pellonpaa) farà ritorno, che si fa chiamare Mosè perchè è in preda ad una "strana" crisi mistica, che con lo stesso spirito di persuasione di sempre costringe ciò che resta del gruppo a ritornare nella "terra promessa" di Siberia e che ha un agente della Cia (Andrè Wilms) alle calcagne perchè ha rubato il naso della statua della libertà come gesto di vendetta contro il paese della perdizione e delle false illusioni.

 

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Leningrad Cowboys Meet Moses - Scena

 

"Leningrad Cowboys Meet Moses" è dunque un sequel di "Leningrad Cowboys go America" e come tale ne mantiene gli stessi contenuti formali e la stessa struttura narrativa. Quello che cambia è lo spirito del viaggio, prima retto dalla speranza di trovare il tanto agognato successo musicale nella terra delle possibilità, ora passivo accompagnatore delle sedicenti convinzioni di Mosè di ritrovare nella terra natia la forza di ricominciare. Rimane centrale il tema della fuga tanto caro a Kaurismaki, che se in molti dei suoi film rappresenta il fine verso cui tendono i suoi protagonisti, intenti ad investirvi gli ultimi aneliti di speranza, in questi due film che vedono coinvolta una delle rock band più famose della Finlandia è il mezzo attraverso cui disegnare un road movie carico di goliardica vitalità, fatto di tanti aspetti grotteschi e diverse situazioni al limite del surreale, dove l'andare avanti lungo la rotta tracciata dall'illusoria ricerca di un miglioramento esistenziale si scontra con la deludente constatazione che nell'attuale ordine planetario chi nasce ai margini del mondo può solo spostare di un millimetro la sensazione di aver scongiurato un altro fallimento. Viste le assonanze veniamo alle differenze, che sono soprattutto di ritmo secondo me, che mancando di conferire la dovuta e solita musicalità ad aspetti tipici del cinema di Kaurismaki, quali la lentezza del narrato e l'estenuante laconicità dei personaggi, tende ad indugiare oltre misura sulla caratterizzazione di taluni aspetti delle vicende narrate, facendone certamente emergere la tipizzazione voluta, ma senza scongiurare un evitabile ridondanza degli effetti. Manca l'armonia solita tra il serio e il faceto, quella che percorre per intero (o quasi) il cinema di Kaurismaki, che equilibra con pregevole rigore stilistico il momento della riflessione critica sui disagi partoriti dal mondo e il modo talvolta stravagante con cui i suoi personaggi sono disposti ad affrontarli. E' come se si fosse ecceduto un poco nel dosaggio di qualche ingrediente e la solita prelibatezza di un piatto ne risultasse inevitabilmente inficiata. E' certo che si tratta sempre di un film di Aki Kaurismaki, dove non mancano i tocchi di classe (lo "spirito" messicano che si è impadronito dei siberiani in ritorno "forzato", il goffo inseguimento dell'agente della Cia, il naso della statua della libertà come "compagno" d'avventura, il viaggio dentro un Europa che sta cambiando) e dove la gradevolezza della visione è sempre garantita e comunque da consigliare. Ma è in coda nella sua magnifica produzione.

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