Regia di Jan Svankmajer vedi scheda film
"Signore e signori, quello che state per vedere è un film horror con tutte le degenerazioni classiche del genere.
Non è un'opera d'arte. Oggi tuttavia l'arte è tutt'altro che morta. Al suo posto ci sono sequenze in cui Narciso potrà riflettersi.
Il nostro film può essere considerato come un tributo infantile ad Edgar Allan Poe da cui ho preso in prestito numerosi spunti e al Marchese De Sade, a cui il film deve la sua blasfemia e la sua eversività.
L'argomento del film è essenzialmente una disputa ideologica che si svolge in un ospedale psichiatrico.
Fondamentalmente ci sono due modi per dirigere questo genere di posti, ognuno ugualmente estremo.
Uno incoraggia la libertà assoluta; l'altro il vecchio metodo della punizione controllata. Ma c'è anche un terzo che unisce gli aspetti peggiori di entrambi i metodi. E questo è il manicomio in cui viviamo".
Con queste parole è lo stesso regista ceco ad introdurre in carne ed ossa il suo film (interrotto da una lingua mozzata che striscia sul pavimento). Appena finito di parlare le note de La Marsigliese accompagnano la mdp in una panoramica su un maiale squartato da cui fuoriescono vorticosamente le budella.
"L'allucinazione controllata" può, quindi, iniziare!
Jan Svankmajer opta per una narrazione allucinata (ma riflessiva) che segue una via quasi lineare (il "quasi" è d'obbligo!) in cui mette da parte il suo teatro animato in plastilina prediligendo (ma non è una novità) le "immagini pure" inframezzate da pezzi di carne in stop-motion. Pezzi di carne impazziti che ricordano il suo "Zamilovanè Maso (Meat Love)".
Questo manicomio in cui viviamo e di cui ci ha accennato lo stesso regista, può essere visto anche come pericolosa sintesi di quel selvaggio capitalismo iperliberista (la libertà assoluta) con la statalità totalitaria dell'ex regime sovietico (i vecchi metodi di privazione e punizione)? Del resto anche in "Konec Stalinismu v Cechàc (The Death of Stalinism in Bohemia) il riferimento alla politica (e alla società) era più che evidente.
Più "semplicemente", forse, non siamo altro che pezzi di carne di una Natura che tentiamo (inutilmente) di capire e dominare.
Questo "Sileni (aka Lunacy "Follia")" potrebbe star bene in una mia (lunga) notte di Fuori Orario servita con un antipasto dello stesso Svankmajer, "Do Pivnice (Down to the Cellar)", e accompagnata da "Il fantasma della libertà" di L. Bunuel, "Titicut Follies" di F. Wiseman e "I'm a cyborg but that's ok" di Park Chan-wook. Come dessert si potrebbe servire, magari, "Salò o le 120 giornate di Sodoma" di P.P. Pasolini....ma forse si rischierebbe una (in)sana indigestione...
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