Regia di Mario Soldati vedi scheda film
Un bambino inglese si perde a Venezia. O, meglio, si perde suo padre, un ufficiale di stanza in Italia, e il bambino viene aiutato da una dattilografa a cercarlo, coinvolgendo polizia e consolato britannico. L’uomo, si scoprirà, è coinvolto in un losco giro.
Parte come un melodramma, diventa una spy story e con una bizzarra inversione a U ritorna sui suoi passi fino a concludersi con un lieto fine saturo di buoni sentimenti; La mano dello straniero è un romanzo di Graham Greene portato sul grande schermo da Mario Soldati con una sceneggiatura firmata da Giorgio Bassani e Guy Elmes: basterebbero tali credenziali a incuriosire lo spettatore, ma a tutti gli effetti la pellicola non è granché memorabile. Greene e Soldati, è cosa nota, erano amici; il primo trovò tanto convincente l’idea di trasporre per il cinema il suo romanzo da assumere anche un ruolo di produzione, affiancando Angelo Rizzoli nella targa italo-britannica conferita all’opera. La sua esperienza di agente segreto nella vita reale traspare appieno in questa storia che vede un inglese a Venezia venire rapito da spie slave nell’immediato secondo dopoguerra; il noir si fonde con l’intreccio drammatico in maniera poco efficace, però, dando vita a un film in più momenti sconclusionato nonostante la buona fattura estetica (validissima anche la colonna sonora: è di Nino Rota, del resto). Interpreti: Alida Valli, Richard Basehart, Trevor Howard, Arnoldo Foà, Eduardo Ciannelli, Guido Celano e, nella sua prima parte accreditata, il piccolo Richard O’ Sullivan, che avrà una florida carriera da attore fra cinema e tv britannica. 4/10.
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