Regia di Mario Soldati vedi scheda film
E' il migliore film di Soldati che ho visto: buona tensione drammatica, personaggi interessanti, un intrigante sfondo storico, e un'ambientazione originale. Lo scenario è una Venezia intricata e inospitale, dove affluiscono una parte di profughi istriani e dalmati con annessi e connessi di spie e polizie segrete. L'esodo di quelle popolazioni e il dramma che vissero è il vero argomento del film, anche se, curiosamente, non se ne parla mai direttamente; se ne fanno numerose e chiare allusioni ma si evita di fare nomi e circostanze precise. Si evita anche di parlare di spie jugoslave, ma se ne vedono, come pure di collaboratori italiani. E' un film pieno di tabù - se così si può dire - ma pure chiarissimo nel suo significato.
La maggior parte della vicenda è vista attraverso gli occhi del bambino protagonista, che per modi di fare ricorda i bambini dei film di De Sica. Il personaggio forse più interessante è tuttavia il medico veneziano che fa da manutengolo agli agenti jugoslavi. E' un uomo disilluso e triste, che collabora ad azioni come rapimenti e torture che sa essere sbagliate, ma le accetta con una specie di arrendevolezza e di fatalismo, perché ritiene ormai inutile opporsi al male.
Il merito della riuscita del film va, oltre che a Mario Soldati, anche all'autore del racconto di cui è tratto, cioè Graham Greene, al quale si deve probabilmente il bel finale.
Brava la giovane Valli in un ruolo neanche tanto secondario. Tra l'altro, l'attrice, nata a Pola, era pure lei un'esule istriana, esattamente come il suo personaggio nel film.
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