Regia di Paul Greengrass vedi scheda film
Una cinepresa perennemente in bilico, traballante, ci sospinge su un terreno accidentato e periglioso, vastissimo e infernale oltre gli impenetrabili confini della paradisiaca “green zone”. Su quel terreno, la linea di confine che separa il Bene e il Male è…incisa nella roccia (altro che tracciata sulla sabbia)!! Ecco il grave difetto del film. Non tanto (e non solo) l’effetto mal di mare che provoca il costante rollio della mdp portata a spalla, quanto piuttosto la sbrigativa e semplicistica assegnazione dei ruoli. Buoni (l’ufficiale Roy Miller/M.Damon e intelligence civile) da una parte e cattivi (intelligence militare e governo USA) dall’altra, nella cui silenziosa guerra intestina rimangono mortalmente invischiati le popolazioni locali. In più, come constatato da tutti, la denuncia di Green zone arriva fuori tempo massimo: “retorica aromatizzata alla muffa” apostrofa bradipo68, e come dargli torto? Certo non è mai troppo tardi per fare mea culpa, per provare a invertire il verso della storia, per intorbidire l’eredità politica di Bush junior (quanto verrei che ai posteri arrivasse la cartolina del macabro binomio “Bush-armi di distruzione di massa MAI trovate”), ma non è certo con un prodotto frenetico e confuso (ma solo nel montaggio, perché, nei contenuti, è fin troppo essenziale e riduttivo) come questo che si può azzardare un tale (neanche poi così audace) tentativo. Niente da fare, la mediocrità regna sovrana.
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