Regia di Sergio Martino vedi scheda film
L'onda abbastanza lunga del "western spaghetti" era già praticamente passata,eppure alcuni ci credevano ancora,al punto da piazzare di nuovo uomini soli e in cerca di vendetta sopra un cavallo,armati e duri a morire:Sergio Martino usa un Maurizio Merli per una volta transfuga dal poliziottesco,ne fa un ammazzasette del West che,per far tornare i propri conti intraprende un'ambiguo atteggiamente con i potenti del luogo, e aspetta di compiere la propria personale giustizia.Il pistolero si chiama Mannaja,perchè è abilissimo a lanciare l'accetta,come si nota fin dall'incipit,e come Django,pur sottoposto a tortura e condannato a morte quasi certa dai nemici,saprà spuntarla e,a suon di piombo, andarsene dopo aver mandato all'altro mondo chi ha fatto del male a lui e ad altri personaggi.Sergio Martino passa dal thriller erotico al mondo dei cowboys con scioltezza professionale,non azzecca tutte le mosse,perchè comunque c'è tantissimo dejà-vu in questo lungometraggio,che tuttavia ha buoni tempi narrativi,e si lascia vedere senza annoiare:Merli è meno a proprio agio che con giacca e maglia a collo alto,e pistola nella fondina ascellare,ma è abbastanza credibile,mentre John Steiner,al solito,fornisce un'interpretazione da anima corrotta di una certa efficacia.Molto vicino a "Keoma" con Franco Nero,dell'anno precedente,per atmosfera cupa e poco solare,e anche per la colonna sonora,che è debitrice di quella del film di Castellari,"Mannaja" è un esempio tardivo di western all'italiana,ma non tra i peggiori del genere.
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