Regia di Leonardo Pieraccioni vedi scheda film
Pieraccioni è uno di quelli che fa un film per aggiornarci sul suo stato. Un po’ come Facebook. Ecco sì, i film di Pieraccioni sono come la barra del “A cosa stai pensando?” che troviamo su Facebook. D’altronde è vero che uno scrittore, quando non sa di cosa parlare, parla di se stesso. Poi il punto sta nel non far capire che si parla di se stessi. Lasciando perdere che il simpatico Leonardo non è uno scrittore, ora c’è da chiedersi: ma allora Pieraccioni, in quindici anni di attività, non ha fatto altro che parlare di se stesso? Certo. Solo che non sempre ha avuto la classe di non farlo capire. Da Io e Marilyn, ultimo opus della sua piatta carriera, capiamo due cose: la prima è che contornarsi di amici sul lavoro (Ceccherini, Papaleo, Veronesi, Guccini) aiuta a trovare le certezze che non si hanno e mai si avranno (Pieraccioni resta un adolescente insicuro); la seconda è che una crisi creativa porta ad un manierismo di fondo (non è un mistero che faccia lo stesso film da dieci anni, solo rimpastando un po’ gli ingredienti e mettendoci qualcosa di nuovo) in cui la contaminazioni con elementi esterni (in questo caso la magia degli ingombranti fantasmi evocati dalle sedute spiritiche) non sempre funziona. Probabilmente questa favola manichea e surreale è il suo miglior film da Il principe e il pirata (ma il capolavoro resta Il ciclone, ancora oggi godibilissimo) perché l’inserimento della carta melodrammatica va non di rado a segno (questo Gualtiero che controlla le piscine ed ama ancora la moglie che sta per risposarsi con un domatore di Posillipo è pateticamente tenero). Ma il difetto sta nel manico, nella sceneggiatura debole che non sa sfruttare bene i caratteristi (l’alienato Papaleo, i gai/gay Laurenti e Ceccherini, l’imprevedibile Pannofino, l’abietto Izzo, il nervoso Messeri) ma semplicemente li sfrutta, discreto coro intorno al solista toscano che si fa affiancare da un fantasma. Marilyn è impersonata dall’odiosa Suzie Kennedy, sosia insopportabile bolsa e cretina, a cui gli sceneggiatori fanno dire cose improbabilissime considerata la persona che le dice. Momento malinconico quello in cui Marilin mostra all’allucinato Gualtiero il mondo dei fantasmi: ma è un guizzo che nel contesto non funziona troppo. Citando una delle fonti certe di Leonardo (ossia Woody Allen che parla con il fantasma di Humphrey Bogart), Provaci ancora Leo.
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