Regia di Rupert Wyatt vedi scheda film
Fughe reali ma soprattutto metaforiche.La prigione a vita dell'ergastolano protagonista come retta parallela alla malattia che imprigiona la figlia 21enne.E le ultime parole di lui che spiegano il senso di questa fuga.Ora sono entrambi liberi.Sbaglia chi considera questo film solo un normale film carcerario.Lo giudica superficialmente.Il cuore pulsante di questo film è l'anelito di fuga oltre che da uno spazio chiuso che è quello della prigione,da una condizione(la malattia della figlia).E credo che sia proprio per questo che il linguaggio registico insiste in improvvisi flashback e fashforwards che procedono incastrandosi tra di loro e se da una parte qualche simbologia è evidentemente troppo semplicistica(la figlia nella galleria che fugge verso il buio fino ad esserne inghiottita) dall'altra parte è un film che soprattutto nel finale ti lascia interdetto per il modo sofisticato in cui crea il parallelismo tra morte e fuga.All'inizio è abbastanza arduo avvicinarsi a un film che almeno nella prima parte si nutre degi stereotipi del film carcerario con alcuni personaggi decisamente sopra le righe,poi nella seconda parte si è avviluppati nella struttura ad incastro che flette a proprio piacimento la continuità temporale.Interessante visivamente anche il carcere,perfetta visualizzazione del concetto di claustrofobia, che assomiglia più ad un inferno dantesco,un mausoleo dell'orrore che a un luogo che posa essere abitato da qualche forma di vita civile.Un film europeo imperfetto ma che ha alla sua base un idea di cinema convincente.Una sola domanda :ma perchè cambiare il titolo inglese The Escapist in un altro titolo inglese?
Molte sequenze ad effetto e una struttura con flashback e flashforward che si incastrano tra loro flettendo la continuità temporale
ottima prova
ok
sempre con la faccia cattiva
nella parte di Batista,personaggio abbastanza secondario
ok
non male
decisamente sopra le righe
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