Regia di David Lean vedi scheda film
Sicuramente riuscito questo film di David Lean, meno noto di tanti altri suoi. E' anche un film complesso, perché lo sono i personaggi e la loro condotta; è quindi una pellicola che esce dagli schemi delle vicende su amanti clandestini, che vedono di solito una donna vittima innocente e un amante puro e sincero, contro un fidanzato ufficiale insipido o negativo (questi è qui forse il personaggio più positivo).
Il regista gira con sapienza, e ciò si vede, oltre che da una solidità d'insieme, da tanti piccoli dettagli di cui costella lo svolgimento del film: molte brevi inquadrature su oggetti o volti dicono molto sui personaggi o sui contorni della vicenda.
Gli attori sono tutti all'altezza della situazione, capeggiati da una Ann Todd che rimane irriducibilmente ambigua fino alla fine. Lean infatti lascia volutamente lo spettatore all'oscuro di come siano andate veramente le cose, e lo fa in modo intelligente. E' poi interessante osservare come l'amante riveli a poco a poco i suoi scopi di cacciatore di dote: è povero in canna, vive di debiti e di promesse, senza rinunciare a presentarsi con un bel vestito per fare impressione. Pure lui, però, ha un inaspettato momento di sincera pietà umana (quando compatisce lei che piange disperata), anche se non gli dà il seguito che dovrebbe. Infine, è inevitabile riflettere su come lei avrebbe dovuto comportarsi in un frangente che io definirei non colpevole. Il suo desiderio di fuggire con l'amante prima, e la sua scelta di lasciarlo dopo sono secondo me giuste, dopo cioè aver scoperto che lui non la ama veramente. Su come uscire dal ginepraio in cui viene a trovarsi, però, si può discutere molto, come pure se ami veramente il fidanzato o lo veda solo come una via di fuga.
Attorno a tutta la vicenda, vediamo il ritratto pungente e non ottimista della società vittoriana dell'epoca, che vestiva tutto di una bel mantello ma spesso celava sotto l'egoismo, l'interesse e il qualunquismo. Pensiamo a questo proposto ai personaggi collaterali del padre, del dottore, della domestica, del giurato che disegna durante il processo e getta il fattaccio in pasto ai giornalisti famelici, e infine alla plebaglia forcaiola e giustizialista.
Secondo me è una pellicola coinvolgente, che fa riflettere, e che non smentisce la fama del suo regista. Soffre appena di un po' di staticità durante il processo, ma è solo un neo.
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