Regia di Alessandro Di Robilant vedi scheda film
Lo svizzero Alessandro di Robilant, ricordato soprattutto per Il giudice ragazzino, mancava da oltre un lustro dal grande schermo. Ritorna con la storia di Tiziano, ragazzo di Taranto dalla madre coraggiosa e dal padre spezzato dal troppo coraggio, oltre che dai veleni dell’ILVA. Tiziano vorrebbe andarsene e, non accontentandosi di fuggire con la fantasia nei libri, tenta un grosso colpo. Ma in una città (poco frequentata dal nostro cinema) dove regna la criminalità organizzata non si sfugge alle conseguenze delle proprie azioni. La sceneggiatura, abile nel tratteggiare i personaggi e nell’usare il dialetto senza rendere la parlata incomprensibile, incontra alcuni passi falsi, come l’insistita presenza di Cuore di tenebra di Conrad e una caratterizzazione marcata del boss omosessuale (che per altro, da lettori di Saviano, ci suona un po’ improbabile). Emerge però la figura di una madre forte, in lotta contro il padre assente e i soprusi di un’edilizia che non guarda in faccia a nessuno: il suo percorso non lascia adito a facili speranze. Poi d’accordo, Marpiccolo non ha la lucida durezza di messa in scena di Gomorra, ma il ritmo è agile e si fa buon uso di una colonna sonora non banale, firmata dai Mokadelic.
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