Regia di Danis Tanovic vedi scheda film
Spiazza l' ultimo lungometraggio di Danis Tanovic, lascia in bocca quel sapore amaro tipico dell' opera incompiuta, dell' occasione sprecata. Di guerra, ci aveva già parlato nel suo promettente esordio "No man's land" e qui torna in argomento ponendo sullo sfondo un conflitto del quale non si parla certo tutti i giorni : quello curdo. Questa volta, però, non ci viene offerto un punto di vista interno alla guerra ma esterno, fornito attraverso gli occhi e l' obiettivo di chi si trova sul posto per catturare testimonianze, per documentare la Storia, per farci conoscere la verità, per non farci dimenticare. Mark Walsh ed il suo collega, nonchè intimo amico, David si trovano in Kurdistan motivati proprio da suddetti principi sino a quando non vengono travolti dalle circostanze ed un evento violento non li separa. Tornato in Inghilterra dopo essere stato ferito, Mark si trova a dover fare i conti con ricordi traumatizzanti e a dover convivere con un dolore straziante derivato in primis dal semplice fatto di essere sopravvissuto ad un indicibile orrore. Diciamo che la prima parte è senz' altro quella più incisiva ed interessante ; il triage al quale fa riferimento il titolo del film è un metodo di selezione tramite il quale i feriti gravi vengono divisi da quelli meno gravi. La variante curda implica due opzioni : cartellino giallo, vieni assistito e curato. Cartellino blu, ti viene sparato un colpo in testa direttamente dal tuo stesso dottore. Questo è il primo terribile scenario di fronte al quale si trovano i due fotografi e Tanovic filma tutto con polso fermo e rende egregiamente, attraverso il suo protagonista (un Colin Farrell non ancora esente da tic e mossette ma sicuramente più partecipe e convincente che in passato), l' impotenza del singolo di fronte alla follia di massa. Già così ci sarebbe stato margine per girare un film intero ma dopo una quarantina di minuti, il regista vira vorticosamente e riporta la vicenda all' interno di mura domestiche trasponendo gli orrori del conflitto vero e proprio nella mente e nell' animo di Mark, annientato dal pensiero di dover spiegare alle persone che ama che cosa sia successo in quella terra (neanche troppo) lontana. Ed è qui che il meccanismo inizia ad incepparsi. Farrell regge discretamente nonostante il fisico palesemente denutrito ma la sceneggiatura è debole e per dare una svolta chiarificatrice alla trama, viene inserito un personaggio secondario che, sebbene sia interpretato da un grande Christopher Lee, non brilla certo per coerenza e credibilità. Dopo la sua venuta, la vicenda inizia ad acquistare un retrogusto retorico mentre un montaggio troppo didascalico rende estremamente prevedibile lo sviluppo narrativo ed il colpo di scena finale. Delude, quindi, perchè il film possiede immagini suggestive e tocca argomenti importanti ma lo fa in modo troppo superficiale e dispersivo, perso ad intrappolare una singola miseria umana quando il quadro d'insieme è infinitamente più grande e disperato.
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