Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
Opera seconda di Giorgio Diritti, "L'uomo che verrà" è un film storico sulla strage di Marzabotto di singolare forza nella rievocazione di eventi atroci, condotto con un linguaggio registico già maturo, stilisticamente assai controllato nella scelta delle inquadrature e nel montaggio, che aggiorna con efficacia la lezione del Neorealismo e in particolare di un film molto vicino come trama e come soluzioni espressive, ovvero "La notte di San Lorenzo" dei fratelli Taviani, ambientato in Toscana, mentre qui siamo nella campagna emiliana. Il film dei Taviani, giustamente considerato una delle loro opere più significative e riuscite, è presente sin dalla scelta di filtrare gli eventi attraverso lo sguardo di una bambina, anche se qui non c'è la cornice del flashback che i Taviani utilizzavano; una citazione esplicita è la scena della Chiesa in cui si rifugiano donne, bambini e anziani per sfuggire ai Tedeschi, risolta con un'intensità visiva notevole che anticipa il tragico finale. Diritti è molto scrupoloso nell'approccio alla materia narrativa, al di là di possibili influenze di altri autori come Ermanno Olmi, forse non evita qualche lungaggine e qualche subplot ininfluente nella prima ora di proiezione, ma resta evidente che il film offre un quadro attendibile del mondo contadino, rappresentato con ammirevole equilibrio e con perizia antropologica sopraffina. Se non ci fosse la drammatica mezz'ora finale, tuttavia, il film non raggiungerebbe la potenza complessiva che lo pone tra le migliori pellicole italiane degli ultimi anni: Diritti mostra un polso fermo senza cadere nel sensazionalismo e nel lacrimoso, si avvale di una macchina a mano nervosa, dirige un cast all'altezza in cui, oltre alla giovanissima Greta Zuccheri Montanari, si distinguono anche alcuni attori professionisti come Alba Rohrwacher e Maya Sansa. Chi ha parlato di "moralità della visione", in questo caso non ha sbagliato.
voto 9/10
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta